Tra le tre «curve» dei rispettivi ultras sbandieranti, in gara a chi grida più forte il coro per il proprio leader («Matteo! Matteo!», «Giorgia! Giorgia!», «Silvio!, Silvio!»), la parola d'ordine è quella scritta in grassetto evidenziato giallo, «Insieme». Il bilancio dei primi cento giorni di governo è anche il bilancio di un assedio, di una caccia al motivo che può dividere la maggioranza, un florilegio quotidiano di litigi e guerre e dissapori personali a sentire i giornali di opposizione. I quattro leader (da Lupi alla Meloni) si riuniscono su un palco milanese del Dal Verme per chiudere la corsa di Attilio Fontana per la riconferma in Lombardia, e per rispondere all'unisono agli attacchi da sinistra, politica e mediatica. La Meloni confessa di non leggere più quotidianamente la rassegna stampa, «quando lo faccio scopro che ho litigato con un ministro, che ho imbavagliato un ministro, a tratti frustrato un ministro... sto sempre a litigare. Poi vedo (nella maggioranza, ndr) un clima molto diverso, una realtà che qualcuno non vuole vedere, che stiamo governando con compattezza e che intendiamo farlo per i prossimi cinque anni» dice il premier. Quelle che vede davanti sono «due Italie. Una che racconta del disastro, del baratro, del declino, e poi c'è un'altra Italia, quella che leggo dai dati», e qui la Meloni snocciola alcuni dei numeri positivi degli ultimi mesi, dallo spread in discesa ai 20 punti guadagnati dalla Borsa, alle stime sul Pil riviste da -0,2% a + 0,6%. Non li rivendica come successi del suo governo, in carica da troppo poco, ma al nuovo clima nel paese, «all'ottimismo dei cittadini». La premier ironizza anche sull'isolamento internazionale a cui sarebbe stata condannata l'Italia con lei al governo: «Ora dicono, oh le rivolgono la parola alla Meloni, guarda le stringono la mano. Io sono andata in Europa e ho detto guardatemi, non ho le antenne, non sono verde. Ma la questione non è il chi, noi dimentichiamo di essere l'Italia, tutti hanno bisogno di noi».
Salvini, rivolgendosi a lei dal palco, articola lo stesso concetto: «Giorgia, quanti uccelli del malaugurio dicevano: a settembre-ottobre doveva cascare il mondo e invece oggi ci sono le bollette del gas che scendono, e le pensioni minime e gli stipendi più bassi che salgono. Questo significa governare come centrodestra» dice il leader della Lega, che ringrazia uno per uno i suoi ministri lombardi, per ultimo se stesso, elencando tutti i cantieri, ponti, strade che alle Infrastrutture sta lavorando per riaprire «contro i professionisti del No».
Anche Salvini ribadisce il messaggio: «Cento giorni di governo con degli alleati, anzi con degli amici. Non lo dico per forma, ma per sostanza. Maurizio, Silvio e Giorgia per me sono amici, non solo colleghi di lavoro». Pochi minuti prima Berlusconi si era speso in elogi per lui («è bravissimo, gli voglio bene») e per Giorgia («è di una capacità assoluta»), che ricambia i complimenti («Berlusconi è il miglior ministro degli Esteri che questa Nazione abbia avuto»). La conquista del Lazio e la riconferma della Lombardia sono due obbiettivi considerati a portata di mano. Un test per mettere fuori gioco l'opposizione che spera in un passo falso, e poi ragionare sui cinque anni per portare a termine il programma.
I leader ne elencano i vari punti, a partire dall'autonomia, cara ai leghisti, ma rivendicata anche dalla Meloni: «Sono fiera di questa riforma, è una norma è fatta sul principio del merito», alla faccia di quei governatori Pd che gridano al Paese spaccato in due, «poi si scopre che non hanno speso il 70% dei fondi europei che avevano a disposizione».
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