
L'era di Friedrich Merz è iniziata con un allungo. Il cancelliere in pectore ha messo ieri sotto i riflettori uno degli argomenti più delicati della politica tedesca: il freno al debito che impedisce alla Germania gli investimenti necessari per il rilancio dell'economia. Annunciando una serie di incontri con i vertici degli altri partiti, primo il segretario socialdemocratico Lars Klingbeil, ha fatto capire che il tema potrebbe essere affrontato prima che il nuovo Bundestag si riunisca. Quello vecchio è validamente in carica fino al 24 marzo e potrebbe occuparsi del tema. Con i giornalisti che lo interrogavano il leader democristiano è stato chiaro: «lasciate che ne discuta con socialdemocratici, Liberali e Verdi. Abbiamo ancora quattro settimane per pensarci...». La mossa ha un precedente: nel 1998 a elezioni ormai svolte, il Parlamento uscente votò la delicatissima mozione sulla partecipazione tedesca alle operazioni Kossovo.
Per Merz è un'opportunità ma anche una necessità: lo Schuldenbremse è inserito in Costituzione e per modificarlo ci vuole la maggioranza dei due terzi. Nel prossimo Parlamento questa maggioranza non ci sarà, visto che i due partiti anti-sistema, Afd e Linke da soli avranno più di un terzo dei deputati. L'unica strada è, appunto, provvedere subito.
Le prime reazioni dei socialdemocratici non sembrano entusiaste. «Discuteremo di tutto con la massima cautela», ha detto il cancelliere uscente Olaf Scholz. La leader di Afd Alice Weidel si è invece messa di traverso, ripetendo una tradizionale posizione del suo partito: «Lo Stato non può spendere più di quanto incassa».
Salvo che il riconteggio dei voti rosso-bruni di Sahra Wagenknecht (in sigla BSW), escluso dal Bundestag per poche migliaia di schede, non dia risultati clamorosi, la prossima coalizione di governo sarà formata da democristiani e socialdemocratici con una maggioranza di 328 deputati sui 316 richiesti. Mettere d'accordo i due partiti popolari, però, non sarà facile: contro l'immigrazione incontrollata la Cdu ha fatto una compagna per controlli permanenti alle frontiere e respingimenti. I socialdemocratici si oppongono. La Cdu vuole ripensare l'addio ai motori termici e alle centrali nucleari, anche in questo caso la Spd ha forti dubbi. Quanto all'economia, i tagli alle tasse per aziende e ceti medio-alti chiesti da Merz, suonano come un anatema alle orecchie dei socialdemocratici.
Un'intesa si troverà, in Germania sarebbe impensabile il contrario. E il primo compromesso sarà necessario entro il 6 marzo. I leader della Ue sono stati convocati per parlare di Ucraina dal presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa. Andrà Olaf Scholz, ma secondo il galateo istituzionale le posizioni tedesche saranno concordate con Merz. Quest'ultimo in campagna elettorale si è detto a favore di un fondo per la difesa, da istituire una volta che quello creato al momento dell'invasione russa dell'Ucraina si sarà esaurito. Anche questa decisione non sarà di facile attuazione. A parte la contrarietà ribadita anche ieri dalla Afd ci sarà da superare la diffidenza della Spd, stretta a sinistra dai pacifisti della Linke. Quanto ai rapporti atlantici Merz aveva già fatto capire delle prime ore del post-elezioni la sua posizione: «Una priorità assoluta è rafforzare la difesa europea in modo da ottenere la necessaria indipendenza dagli Usa... è chiaro che gli americani, o almeno questa amministrazione, sono largamente indifferenti al nostro destino».
Il passo nuovo è emerso ieri anche a proposito di Israele. Merz ha annunciato di aver parlato con Bibi Netahanyahu invitandolo in Germania, nonostante il mandato di cattura della Corte di Giustizia. A suo tempo un portavoce di Scholz aveva dichiarato che difficilmente Berlino avrebbe arrestato il premier israeliano, vista la natura dei rapporti tra Israele e la Germania, ma Merz ha voluto sottolineare la differenza.
In giornata il prossimo cancelliere ha avuto anche la prima telefonata con Giorgia Meloni: la premier «ha confermato l'auspicio di poter lavorare sin da subito per affrontare le numerose sfide comuni, a partire dal contrasto all'immigrazione irregolare».
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