Andare a messa non si puó più e allora è la messa a entrare nelle case degli italiani. Un ribaltamento speciale, perché le telecamere di Tv2000 inquadrano tutte le mattine gli occhi concentrati e rocciosi di papa Francesco. E la funzione da Santa Marta sta trascinando Tv2000 verso ascolti in doppia cifra. Fantascienza per una funzione religiosa, per di più schiacciata in una dimensione feriale, fino a pochi giorni fa, ma il Coronavirus sta stravolgendo abitudini e comportamenti. La fede, ai tempi dell'epidemia, viaggia in streaming. E Francesco colma un bisogno di spiritualità fortissimo, ancora più drammatico adesso che tutta la dimensione comunitaria è stata congelata. E salteranno pure le funzioni pasquali.
Qualcuno, fra i fedeli disorientati e impauriti, aveva suggerito di resistere al diktat dell'autorità civile e al blocco di tutte le celebrazioni. I vescovi lombardi si sono riuniti per valutare il da farsi, poi il contagio ha prevalso sulla volontà di non arrendersi al virus e a una vita quasi catacombale. Lo Spirito però trova nuove strade. Il 9 marzo un po' a sorpresa la messa da Santa Marta, la residenza privata del pontefice, irrompe sugli schermi dell'emittente dei vescovi italiani. E molti connazionali, forse saturi di informazione ma inquieti, si sintonizzano sul canale 28 del digitale terrestre o sul 157 di Sky, per non perdere quell'evento, considerato quasi un miraggio irraggiungibile per i fedeli: si favoleggia di liste d'attesa di mesi se non anni nel tentativo, spesso vano, di poter essere ammessi alla sacra funzione. Ora il Papa bussa alle nostre case, nell'emergenza che ha mandato in testacoda il Paese. E lo share cresce rapido, nel silenzio generale ma nel tamtam di molti telespettatori. Risultato: sabato il Papa fa più del 9 per cento e domenica, giorno festivo è vero, sfiora il 10 per cento. Il Papa si ripresenta e alla sua maniera, senza indulgere in sentimentalismi, racconta nella predica la reazione rabbiosa dei potenti di Nazareth dopo l'incursione di Gesù in sinagoga: «Ma che vuole questo? In che università ha studiato? Ma se suo padre era un falegname...» Cosi la catechesi viaggia nell'etere e raggiunge confini mai toccati. È il paradosso di queste settimane: le chiese chiuse o, se aperte, desolatamente vuote, ma poi un fiorire di iniziative sorprendenti che fanno rivivere quel che pareva perduto. I sacerdoti affidano allo smarthpone il vangelo con annessa meditazione. A Santa Maria del Rosario, zona emergente di Milano a due passi dai Navigli e dalle celebrate location del design e della moda, Don Marco Borghi, il parroco, e don Martino Rebecchi leggono il brano del giorno, offrono un commento sintetico e lo affidano via sms agli amici che anche al lunedì o al martedì affollavano la chiesa. I numeri fanno a pezzi tanti luoghi comuni sulla laicizzazione senza ritorno: le pillole raggiungono quotidianamente circa 700 persone. E don Marco, instancabile, rilancia con le videolezioni per i fidanzati e i cresimandi. Situazioni simili si ripetono e si moltiplicano in tutta Italia. Coinvolgendo anche i movimenti. Dom Juliàn Carròn, la guida di Comunione e liberazione, scrive in una lettera inviata la scorsa settimana ai ciellini: «Anche se non potremo fare gli esercizi della Fraternità», saltati come tutti gli appuntamenti pubblici del Movimento, «niente ci impedisce di proseguire il nostro cammino per continuare a incrementare la certezza, quella speranza fondata di cui abbiamo assoluto bisogno per vivere in queste circostanze».
Nulla, nemmeno il sortilegio maligno che si è abbattuto sulla nostra società, può mettere in dubbio questa certezza.
E allora Carròn invita a rimanere «in contatto come si può, sfruttando al meglio tutti gli strumenti che oggi la tecnologia ci offre». Così la Chiesa e la contemporaneità vanno a braccetto per bucare la quarantena e la cappa di disperazione che si porta dietro.
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