Era sola, tranquilla, in una stanza deserta di una casa che non era la sua. I poliziotti le hanno chiesto come si chiamasse, una, due, tre volte. Alla fine, serafica, ha detto: «Cleo, mi chiamo Cleo». Era proprio lei. Era finito un incubo.
Cleo ha quattro anni. Era scomparsa il 16 ottobre dalla tenda in cui campeggiava con la madre Ellie Smith, la sorella più piccola Isla e il patrigno Jake Gliddon, nel Nord-Ovest dell'Australia, al Blowholes Shacks sul lago McLeod, terra di pescatori e di panorami incontaminati. Diciannove giorni di ricerche sempre più frenetiche e sempre più disperate, con una madre e un intero Paese in ansia, la speranza di un lieto fine che si assottigliava di ora in ora, come sabbia dentro a una clessidra spaventosa. E invece no. Stavolta alla fine della pagina era previsto un sorriso. Poche ore dopo, Cleo era fotografata con un ghiacciolo in mano - e felice di averlo - in un ospedale dove è stata ricoverata solo per controllare che tutto fosse a posto. E fortunatamente lo è.
Cleo era stata rapita. Gli inquirenti lo avevano intuito dal fatto che avevano trovato la zip della sua tenda aperta a un'altezza che lei non avrebbe mai potuto raggiungere. Qualcuno, un adulto, doveva averla aperta e aveva portato via la piccola ancora dentro al suo sacco a pelo, intontita dal sonno. L'ultima a vederla era stata la mamma, attorno all'una di notte, quando la piccola le aveva chiesto dell'acqua. Poi era tornata a dormire nel suo sacco a pelo, accanto alla sorellina. La mattina dopo la bambina non c'era più.
Probabilmente a portarla via era stata l'uomo che ieri è stato arrestato, un trentaseienne solitario che viveva nella casa di Carnavon - a pochi chilometri da dove abita la famiglia di Cleo e a 75 chilometri dal campeggio - in cui la notte tra martedì e ieri la polizia ha fatto irruzione sfondando la porta chiusa a chiave. L'uomo, che non ha alcun collegamento con la famiglia di Cleo, non ha precedenti per reati sessuali e non è molto conosciuto in zona. Vive da solo, negli ultimi giorni qualcuno lo aveva notato ad acquistare pannolini in un supermercato, lui che figli non ne ha. Era sembrato circospetto, addirittura losco. E poi c'è chi aveva sentito uscire dalla sua casa il pianto di un bambino. Ora è in carcere e pare che i suoi compagni di cella non lo abbiano accolto a braccia aperte. Uno lo avrebbe picchiato. Si ignorano ancora i motivi del rapimento.
A sbloccare le indagini la «taglia» che le autorità avevano messo
sul caso. Chiunque avesse fornito informazioni per la soluzione del caso avrebbe ricevuto un milione di dollari australiani, pari a circa 643mila euro. Probabilmente è stato questo jackpot a sciogliere la lingua dei vicini.
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