"La Libia non è porto sicuro". Scoppia il caso nel governo

In un incontro con la stampa alla Farnesina, il ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi definisce la Libia come un porto non sicuro

"La Libia non è porto sicuro". Scoppia il caso nel governo

Che il punto stampa fissato questo pomeriggio alla Farnesina dovesse suscitare clamore mediatico, in parte lo si prospetta anche alla vigilia.

Del resto, si tratta in primo luogo di una conferenza stampa in un ministero chiave da cui da troppo tempo non escono fuori importanti dichiarazioni dal titolare del dicastero e, soprattutto, arriva al culmine di un delicato incontro con l’alto commissario Onu per la Libia, Ghassan Salamé.

Ma alla fine le dichiarazioni rilasciate dal ministro Enzo Moavero Milanesi suscitano sì rumore, ma soltanto perché si inseriscono più o meno inaspettatamente nel dibattito attuale sul caso Sea Watch e, più in generale, nella questione migratoria.

Il ministro degli esteri infatti, a domanda specifica, afferma che la Libia non è un porto sicuro: “La definizione di porto sicuro viene dalle convenzioni internazionali – dichiara Moavero Milanesi – Queste condizioni per la Libia non ci sono. Non siamo noi a dirlo”.

“So che da questo nascono varie precisazioni – dichiara ancora Milanesi – di carattere mediatico su convergenze di posizioni o meno, ma è un dato di fatto del diritto internazionale”.

È conscio dunque il titolare della Farnesina che queste frasi sono destinate a far rumore e ad agitare ulteriormente le acque. In effetti, quella che secondo Milanesi è una mera precisazione che fonda la sua base nel diritto internazionale, tradotta in politichese diventa un nuovo possibile momento di divergenza in seno all’esecutivo.

Portare i migranti in Libia per il collega di governo che siede al Viminale, ad esempio, rappresenta uno dei principali cavalli di battaglia: Matteo Salvini infatti, specialmente da quando è ministro dell’interno, dichiara più volte che l’unica soluzione per superare l’emergenza sbarchi è fare in modo che la Guardia Costiera libica sia messa nelle condizioni di operare. Il che vuol dire intervenire, intercettare i barconi e riportarli a Tripoli.

Ma le parole di Moavero Milanesi cozzano anche con le dichiarazioni delle settimane scorse del presidente del consiglio Giuseppe Conte: “Il nord della Libia è oramai stabilizzato”, afferma in una conferenza stampa il premier che, è bene precisarlo, non parla del paese nordafricano come porto sicuro ma fa intendere che esistano le condizioni per far sbarcare i migranti riportati indietro.

Le dichiarazioni del ministro degli esteri fanno quindi partire un caso, con le opposizioni che adesso chiedono all’intero governo di rettificare le proprie posizioni in materia alla luce delle frasi del titolare della Farnesina.

“Non solo il ministro degli Esteri Moavero ha ribadito che la Libia non è un porto sicuro – dichiara ad esempio Fiano del Pd – Ma ha anche affermato che ci sono Paesi europei pronti ad accogliere i migranti della Sea Watch. Quindi il fatto che ancora non sia stato autorizzato lo sbarco può significare soltanto che è in corso una ostinata e disumana campagna di Salvini”.

Dalla Lega c’è chi prova a minimizzare, affermando che Moavero nelle sue dichiarazioni si attiene unicamente a dati oggettivi senza però negare la possibilità di prevedere il ritorno in Libia dei migranti soccorsi nelle acque libiche, ma c’è anche chi dimostrerebbe una certa irritazione per quanto dichiarato dal titolare della diplomazia italiana.

Sembra quasi un’ironia della sorte: più volte dal carroccio, specialmente durante i momenti più critici della guerra in Libia, denunciano una certa assenza ed un certo silenzio del ministro degli esteri. Oggi che Moavero torna a parlare, si rischia di fatto di creare ulteriore caos nella maggioranza.

C’è da sottolineare inoltre, che sotto questo profilo emerge una certa spaccatura nelle interpretazioni politiche sul concetto di “porto sicuro”: se da un lato sussistono oggettivi parametri fissati dalle convenzioni internazionali, a cui si appiglia Moavero, dall’altro però questo non impedisce a diversi governi di parlare con il governo libico sotto il profilo della sicurezza. Italia, ma anche Francia e la stessa Ue, con Al Sarraj hanno intensi rapporti relativi al potenziamento della Guardia Costiera libica.

Nonostante venga sbandierato il fatto che la Libia non è porto sicuro, ai libici vengono

dati soldi e motovedette per rafforzare le istituzioni preposte al controllo dei porti e delle coste. Evidentemente o si spendono male i soldi oppure il concetto di porto sicuro è tanto labile, quanto non così oggettivo.

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