Inchiodata al fronte in una cruente guerra di logoramento che all'inizio era stata spacciata per «operazione speciale» Mosca ha visto, negli ultimi mesi, drasticamente ridursi i suoi spazi di manovra. Praticamente nessuna delle iniziative militari di Putin ha raggiunto lo scopo voluto, in compenso tutte hanno avuto un prezzo altissimo. Non bastasse la Nato, nel frattempo, ha anche posto le basi per un sostanziale allargamento verso Est che porterà, con tutta probabilità, all'ingresso nell'alleanza di Finlandia prima e Svezia poi.
In questo vicolo cieco geopolitico, Mosca ha anche agitato a lungo, senza grande successo, lo spauracchio dell'uso delle armi atomiche. Spauracchio che sin qui ha ottenuto ben pochi risultati. Alla fine, soprattutto nei confronti dell'Europa il Cremlino, dispone soltanto di due punti di forza (relativa), e ora sta giocando, per mancanza di alternative, su questi. Il primo è la solida alleanza con la Bielorussia. Già prima dello scoppio del conflitto in Ucraina la Bielorussia era considerata la «Cuba d'Europa». Bollata dalla maggior parte degli osservatori indipendenti come «l'ultima dittatura d'Europa», il Paese dal 1994 sino a tutto il 2021 era riuscito a migliorare le proprie condizioni economiche. Proprio sfruttando il fatto di essere oggetto di «contesa» fra Mosca e Bruxelles. Solidità e sicurezza: all'insegna di queste due parole il Presidente bielorusso, Aleksandr Lukashenko ha inseguito un suo modello che rifiutava il liberalismo ma traeva tutti i vantaggi dall'essere al confine tra due mondi. Questo vantaggio ormai è finito e Putin gli ha presentato il conto trascinandolo ai bordi del buco nero del conflitto ucraino. E ora il dittatore deve governare un nuovo tipo di «Cuba». Si ritrova a dover ospitare in casa testate nucleari tattiche, che Putin vuole usare per rendere un poco più credibile il suo spauracchio nucleare.
Insomma ora la Bielorussia è la Cuba d'Europa ma in ricordo della crisi dei missili del 1962. Putin ha annunciato che «il primo luglio sarà completata la costruzione di un deposito di armi nucleari tattiche». Il presidente russo ha detto che non verranno trasferite le armi nucleari in dotazione a Mosca ma che saranno messe lì per addestrare i militari bielorussi. Questo tentativo intimidatorio, per quanto ancora contenuto, ha allertato la Polonia e i paesi Baltici. Non è certo la riedizione della crisi dei missili ma di sicuro è un salto in avanti che mette anche Lukashenko, che di queste armi nucleari non ha le «chiavi», in una posizione non semplice rispetto ad una popolazione sempre più scontenta. L'altra punta di minaccia russa resta l'oblast di Kaliningrad, una pistola carica puntata contro l'Europa nel mare del nord. Negli ultimi mesi gli aerei russi, americani ed europei hanno fatto ripetutamente a «sportellate» a ridosso di quello spazio aereo.
Voli nato con deviazioni repentine, sicuramente serviti anche per individuare le batterie mobili dei famigerati ICBM russi Iskander, disseminati tra i boschi impenetrabili di Kaliningrad. Altra minaccia verso quell'Europa che, a Mosca, si spera perda la sua unità.
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