La liturgia fa pensare ad una commemorazione e invece è solo un passo di lato, per di più allegro e proiettato verso il futuro: Mario Monti lascia la presidenza della Bocconi a Andrea Sironi e il passaggio di consegne è l'occasione per organizzare una festa, doppia perché la Bocconi compie 120 anni, sbalorditiva per l'importanza dei convenuti.
Ci sono Ursula von der Leyen e Sergio Mattarella che si salutano e si baciano come amici, e c'è un ex premier di lungo corso come Giuliano Amato, delizioso nella sua ironia scaramantica: «Caro Mario, recentemente ho visto che iniziano ad apprezzare le riforme che varai quando ero premier nel 1992. Quindi posso dire che ti succederà la stessa cosa più o meno nel 2042. Io forse non ci sarò più, ma tu che sei più giovane farai in tempo a cogliere questo riconoscimento».
L'aula magna della Bocconi è un susseguirsi di applausi e interventi carichi di aneddoti, a volte con qualche goccia di veleno.
«Mario Monti - spiega l'ex direttore del Corriere della sera Ferruccio de Bortoli - è un nostro editorialista da quasi mezzo secolo e spesso ha dettato la nostra linea sui temi dell'economia, ma ci ha fatto morire consegnandoci spesso i suoi pezzi a tarda sera. Un tempo in via Solferino si multavano i ritardatari, ma io ho lasciato correre. In compenso, Mario è anche un battutista formidabile e una volta ha introdotto a un convegno un ministro logorroico di cui non farò il nome così: Sono ammessi anche gli interventi brevi».
Risate fragorose in platea, dove sono presenti fra gli altri il presidente del Senato Ignazio La Russa, i ministri Antonio Tajani e Anna Maria Bernini, il presidente della Lombardia Attilio Fontana, un capitano d'industria come Marco Tronchetti Provera.
Il protagonista della giornata ha parole di gratitudine per tutti, cominciando dagli assenti: «Ho desiderato invitare in questa circostanza le persone che mi hanno mandato in Europa», in primis Silvio Berlusconi «che purtroppo oggi non era in grado di venire ma che ringrazio moltissimo».
E dopo il Cavaliere, un Monti bipartisan saluta chi l'ha confermato a Bruxelles ed è seduto a pochi passi da lui: Massimo D'Alema e Romano Prodi «a cui devo grande ringraziamento per la fiducia che mi ha dato e per avermi assegnato la funzione più potente e pericolosa fra tutti i commissari». Quella alla Concorrenza.
Poi sul palco sale Sergio Mattarella che enumera le molte virtù «dello scienziato dell'economia, dell' educatore», da almeno trent'anni nume tutelare della Bocconi, «dello statista». E chiude con una sorta di beatificazione laica del professore: «La Repubblica gli è riconoscente.
E si ritrova nella decisione del mio predecessore - il presidente Napolitano - di nominarlo senatore a vita».Fuori, in attesa di andare alla Scala, Mattarella e von der Leyen fanno il punto sui tanti dossier di questa stagione complicata. In cima all'agenda, naturalmente, il dramma dell'Ucraina.
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