Roma La velocità, le strisce pedonali, il semaforo «anomalo», le sostanze stupefacenti assunte. Pietro Genovese avrebbe potuto schivare Camilla Romagnoli e Gaia von Freymann? Era in grado di fermare il suo suv evitando di centrare in pieno le ragazze come ha fatto, invece, David Rubin Mosche alla guida di una Smart? Se lo chiedono i magistrati all'indomani dell'interrogatorio del ventenne figlio del regista Paolo Genovese. Tanto da nominare, durante un vertice in Procura, una serie di consulenti tecnici in grado di determinare, entro 60 giorni, tutti i fattori che hanno portato al drammatico incidente mortale su corso Francia.
Esperti che andranno ad aggiungersi a quelli di parte incaricati, nei giorni scorsi, dai familiari delle sedicenni. Una guerra di periti e principi del Foro. Per il legale dei genitori di Camilla, l'avvocato Cesare Piraino, le ragazze erano sulle strisce e il semaforo per i pedoni non solo era verde ma avrebbe avuto un funzionamento anomalo. Un verde «relativo», secondo quanto filmato e inviato al gip, passato a rosso in meno di 4 secondi e senza il giallo. «Il verde lampeggia per 3,4 secondi, poi diventa rosso in un secondo» scrive sulla richiesta di accertamenti. Troppo poco per un'arteria larga quanto un'autostrada a tre corsie.
Ancora: il buio. Il cono d'ombra, causato dalla scarsa illuminazione pubblica, peggiora le cose per Genovese? Il giovane, interrogato dal gip Bernadette Nicotra, insiste: «Non le ho viste. L'urto è stato inevitabile». Eppure la situazione è la stessa per Rubin Mosche e per gli altri testimoni, un pedone e tre automobilisti, che transitano su quel tratto di strada. E che vedono la scena. Tutti, del resto, parlano di una velocità esagerata. Annichiarico dice: «L'impatto è stato violentissimo. La prima ragazza è stata colpita in pieno ho visto una gamba o un braccio volare in aria». L'urto è di una potenza tale da inclinare l'auto in avanti, come racconta un altro testimone che pensa a una frenata della Renault. Frenata che non c'è mai stata stando a quanto rilevato dai vigili urbani.
I giudici, dunque, vogliono stabilire a quanto andava esattamente Genovese. A 80 chilometri orari come da un primo calcolo? Nei prossimi giorni verrà interrogato Davide Acampora. Seduto nel posto del passeggero accanto a Genovese, il giovane avrebbe visto tutta la scena (l'altro passeggero, Tommaso Edoardo Fornari Luswergh, chattava con lo smartphone) e avrebbe gridato a Pietro di fermarsi dopo l'impatto. È lui a parlare dei due bicchieri di vino (pochi per il valore di 1,4 mg/litro) bevuti dall'amico a una cena. Dichiarazioni che andranno confermate davanti al gip.
Si attendono, inoltre, gli esami tossicologici approfonditi sia
su Pietro sia sulle vittime. Su Genovese i primi esiti sono risultati «non negativi» a cannabis e cocaina. Droghe, però, che restano su sangue e urine diversi giorni. Pietro le aveva assunte prima di mettersi alla guida?
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