Mosca alla guerra del gas. Stop al transito in Polonia

Fiammata dei prezzi (+17,5%) e Berlino lancia l'allarme. Ma il tetto europeo resta lontano

Mosca alla guerra del gas. Stop al transito in Polonia

La Russia fa scoppiare la guerra del gas. Con l'Europa ancora impantanata sulle sanzioni al petrolio, il Cremlino gioca d'anticipo ordinando a Gazprom di chiudere i flussi di metano che transitano dalla Polonia. È un atto di forza tutt'altro che privo di conseguenze: basta dare un'occhiata al percorso del gasdotto Yamal, un serpentone che si snoda per oltre 4mila chilometri, dalla Russia siberiana fino alla Germania, e nelle cui vene scorrono 33 miliardi di metri cubi di metano ogni anno, per capire che si tratta di un polmone energetico fondamentale per il fabbisogno del Vecchio continente. A venir meno, quindi, sarà una quota non insignificante di forniture. È un ammanco che si va a saldare con il calo di un terzo delle erogazioni dall'Ucraina (dai 72 milioni di metri cubi di mercoledì ai 50,6 di ieri) che sta avendo ripercussioni anche a Tarvisio, la città friulana da cui transita il gas russo, dove negli ultimi due giorni i flussi sono crollati del 40%. Tutta colpa, secondo Kiev, della presenza di armate russe nel sito nei pressi di Sokhranivka, nella regione di Lugansk. Un altro elemento di instabilità all'interno di uno scenario già reso delicatissimo dalla guerra.

Non a caso, i mercati fiutano penuria di metano nell'aria, al punto da spingere ieri le quotazioni del gas a 111 euro al magawattora (+17,5%) dopo avere toccato un massimo di 115 euro. Per le implicazioni evidenti che questi rincari hanno sull'inflazione e sulla conseguente aggressività in materia di tassi da parte delle banche centrali, le Borse continuano a essere tenute in ostaggio dalle vendite (-0,66% Milano, -0,75% lo Stoxx600). Gli investitori sono preoccupati anche dall'inerzia di Bruxelles. Nella bozza del piano energetico RePowerEu, l'introduzione di un tetto ai prezzi del metano è infatti ritenuta una misura da extrema ratio, ossia da prendere solo in caso di un'interruzione improvvisa delle forniture. Lo stato di emergenza porterebbe, si legge nel documento, a un «razionamento coordinato» basato sul principio della solidarietà. In pratica, «una riduzione della domanda di gas negli Stati membri meno colpiti a vantaggio di quelli più colpiti». Nell'attesa, il Vecchio continente si muove in ordine sparso. Il governo spagnolo fisserà oggi a 40 euro il price cap, poi toccherà al Portogallo.

Mosca invece procede con la forza propria dello Stato autoritario. La chiusura parziale dei rubinetti del mega-gasdotto è un atto di ritorsione nei confronti di 31 società energetiche europee, americane e di Singapore. Tra queste c'è anche la Europol Gaz, l'azienda proprietaria della sezione polacca dello Yamal. «Per Gazprom questo significa il divieto di utilizzare un gasdotto di proprietà di Europol Gaz», ha affermato il portavoce del colosso russo, Sergei Kupriyanov. La Germania, tra i Paesi più dipendenti dal gas russo, ha sentito il colpo: da oriente non sta arrivando neppure un metro cubo di metano. Dopo aver accusato il Cremlino di «usare l'energia come un'arma», il ministro dell'Economia e del Clima Robert Habeck ha sottolineato che «il mercato può compensare il gas che non arriva dalla Russia».

Resta da vedere fino a che punto questa situazione sarà economicamente sostenibile.

Nel RePowerEu la Commissione europea stima che i prezzi del gas, storicamente inferiori a 30 euro per megawattora, dovrebbero attestarsi alla soglia attuale dei 100 euro fino alla fine del prossimo inverno, per poi scendere a circa 75 euro nell'estate del 2023 e intorno ai 50 euro nell'estate del 2025. C'è un solo problema: mentre è in corso una guerra, il rischio di sbagliare i conti è sempre piuttosto alto.

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