Un Vladimir Putin definito senza mezzi termini «disperato» per la brutta piega che sta prendendo la cosiddetta operazione speciale in Ucraina potrebbe davvero fare ricorso alle armi nucleari per cavarsi d'impaccio. Il direttore della Cia William Burns esprime la preoccupazione americana per una situazione militare che fino a poche settimane fa pareva impensabile. Secondo Burns non ci sono segni particolari che indichino che il Cremlino stia preparandosi a mosse estreme di questo tipo, ma la stessa Casa Bianca fa capire che i rischi di escalation della guerra sono considerati seri: «Siamo molto preoccupati ha detto Burns - So che il presidente Biden è profondamente preoccupato di evitare una terza guerra mondiale, di evitare di raggiungere la soglia in cui un conflitto nucleare diventa possibile». Il segretario di Stato Usa Antony Blinken non esclude che il conflitto possa durare anche per tutto il 2022, ma un consigliere di Biden come il colonnello Vindman ammonisce a chiuderlo entro un mese per evitare il serio rischio di coinvolgimento occidentale.
È stato l'affondamento dell'incrociatore Moskva, nave ammiraglia russa nel mar Nero colpita da due missili ucraini Neptune mercoledì, a rappresentare un colpo durissimo per l'intera campagna voluta da Putin. Un colpo che ha due facce: una specificamente militare e una d'immagine. Riguardo alla prima, con il Moskva la flotta russa ha perso la nave di comando che svolgeva un ruolo chiave, tanto che ora, secondo fonti d'intelligence britannica (particolarmente coinvolta visto che il premier Boris Johnson ha deciso la fornitura agli ucraini di missili anti-nave), la stessa possibilità di uno sbarco a Odessa appare in discussione. Quanto all'immagine, era dal 1941 che una nave da guerra russa non veniva affondata in combattimento: all'epoca ironia della storia era stato l'incrociatore sovietico Ucraina rossa a essere colpito dagli aerei tedeschi nella baia di Sebastopoli, ma il Moskva ha tutt'altro peso e la sua perdita, con tanto di comandante finito in fondo al mar Nero, per mano dei disprezzati ucraini rappresenta per Putin un'umiliazione gigantesca. Sarebbero salvi solo 58 marinai su 510.
A questa umiliazione, oltre che alle crescenti difficoltà di portare a casa una vittoria che per il leader russo è questione di vita o di morte, Putin ha già ordinato di rispondere con un'immediata elevazione del livello di violenza sul campo. Già da giovedì in corso più duri attacchi missilistici nel Sud, e in particolare sulla strategica Mikolayiv, la città che da settimane resiste alle bombe dei russi impedendo loro di sfondare via terra in direzione di Odessa. Ma è soprattutto la capitale Kiev che rischia di ritrovarsi nel mirino di un Putin rabbioso e secondo fonti britanniche anche oggetto di crescenti critiche (ma sarebbe meglio definirli mugugni, visto che esprimerli è molto pericoloso per chi lo fa) di parte dei suoi vertici militari. Il ministero della Difesa di Mosca ha fatto riferimento a presunti «attacchi terroristici ucraini» dei giorni scorsi in territorio russo per giustificare una ripresa di violenti attacchi con missili su Kiev: il primo, non a caso, ha colpito la fabbrica dei Neptune usati per affondare il Moskva.
Adesso è anche guerra di propaganda, giocata da entrambe le parti. Con gli ucraini imbaldanziti che provocano i russi sottolineando che adesso il Moskva è buono tutt'al più per le immersioni subacquee («abbiamo già centinaia di prenotazioni per il diving»), mentre da Mosca non si perde l'occasione per un richiamo alla «nobiltà della causa» già richiamata nei giorni da Putin segnalando che a bordo dell'incrociatore affondato c'era perfino una reliquia della Santa croce di Cristo, una minuscola scheggia di legno custodita nella cappella di bordo dove si celebrava la messa.
Secondo la Tass, che ne ha riferito, la reliquia era stata acquistata da un anonimo mecenate d'arte che l'aveva voluta donare alla flotta del mar Nero. Il nemico ucraino viene dunque indicato al popolo russo, una volta di più, come sacrilego.
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