Myanmar: crematori pieni, sos farmaci

I feriti intasano gli ospedali, ma mancano sacche di sangue e medicine essenziali

Myanmar: crematori pieni, sos farmaci
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Chiang Mai (Thailandia)

Mandalay brucia. Brucia per i corpi cremati in strada, tra le macerie e la disperazione di chi non ha neanche un luogo per seppellire i propri cari. Dopo il terremoto di magnitudo 7,7 che venerdì ha colpito il Myanmar, i crematori della seconda città più grande del Paese non bastano più. Le autorità parlano di almeno 1.700 vittime, ma si teme che il numero reale sia molto più alto. I cimiteri principali sono ormai pieni. «Due giorni fa abbiamo cremato oltre 300 corpi. Solo nella mattinata di ieri ne sono arrivati più di 200», ha raccontato un lavoratore a Myanmar Now.

In un Paese già stremato da quattro anni di guerra civile, il sisma ha travolto una popolazione fragile, infrastrutture precarie e un sistema sanitario al limite. L'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ha denunciato una gravissima carenza di forniture mediche. Mancano kit per traumi, sacche di sangue, anestetici, tende e farmaci essenziali. Gli ospedali delle regioni centrali e nord-occidentali, tra cui Mandalay e Sagaing, non riescono a gestire l'afflusso di feriti. A complicare tutto, le strade crollate o bloccate rendono i soccorsi lenti e frammentati.

«Il Paese è già alle prese con una crisi umanitaria allarmante, in gran parte causata da conflitti persistenti e disastri ricorrenti», ha dichiarato Marcoluigi Corsi, rappresentante dell'Unicef in Myanmar. «In questo momento critico, la popolazione ha urgente bisogno di un sostegno concreto e coordinato».

Nel caos di questi giorni, sono gli stessi cittadini a organizzarsi per cercare i sopravvissuti. A Mandalay si scava con pale improvvisate e a mani nude. Le squadre di soccorso ufficiali sono poche, mal equipaggiate e in ritardo. Un operatore, che ha chiesto di restare anonimo, ha raccontato a un media locale di aver lavorato tra edifici ancora instabili, con il rischio costante di nuovi crolli. «Molti palazzi sono troppo pericolosi per entrarci, ma sappiamo che sotto ci sono persone vive».

La Thailandia ha inviato 55 militari specializzati, 6 cani da ricerca e mezzi pesanti. Pechino ha spedito 82 soccorritori e annunciato l'invio di aiuti economici. Hong Kong ha mandato 51 operatori e 2 cani da salvataggio, mentre l'India ha fatto atterrare aerei con team di emergenza, ospedali da campo e cibo. Malesia e Russia hanno inviato personale e materiali di supporto. Gli Stati Uniti hanno dichiarato in una nota che forniranno aiuti fino a due milioni di dollari attraverso organizzazioni di assistenza umanitaria locali.

Nonostante un cessate il fuoco dichiarato dalle forze anti-giunta nelle regioni terremotate, l'esercito ha continuato a condurre attacchi aerei, anche poche ore dopo il sisma. «Il fatto che la giunta abbia continuato a bombardare dopo il terremoto dice tutto su quale sia la sua priorità: non salvare vite, ma reprimere la popolazione a ogni costo», ha scritto su X Elaine Pearson, direttrice per l'Asia di Human Rights Watch.

Il Myanmar Red Cross Society ha

mobilitato centinaia di volontari per offrire primo soccorso e distribuire beni di prima necessità. Ma gli aiuti sono ancora troppo lenti rispetto all'entità del disastro. E in molte zone colpite, nessuno è ancora arrivato.

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