Napoli, bambini spacciatori gestiti dalle mamme

Nel quartiere di Santa Lucia anche piccoli di 8 anni per confezionare e vendere le dosi

Simone Di Meo

Napoli La più grande ha 16 anni. La «cucciola» di casa, invece, la metà: appena otto. Sono bambine, e assistono sedute al tavolo dei grandi alle fasi del confezionamento delle palline di cocaina che genitori e zii venderanno tra il rione Santa Lucia e Via Chiaia, le zona chic di Napoli. E non solo: parlano, s'informano. Accompagnano gli spacciatori durante le consegne. Fanno le vedette.

L'operazione dei carabinieri della compagnia «Centro», coordinata dai pm Del Prete e Beatrice della Dda partenopea, che ha portato all'arresto di 45 persone (di cui 17 donne), può essere letta anche come un manuale di educazione criminale.

Una delle indagate «con l'ausilio dei figli anche minori» gestiva con mano disinvolta una piazza di spaccio nella zona del Pallonetto, occupandosi di una «clientela selezionata e ben conosciuta» tra cui tassisti, che a loro volta rivendevano la droga ai clienti, e pizzaioli e camerieri dei ristoranti del Lungomare. Un'altra, invece, affidava alle due piccole di casa la termosaldatura e il dosaggio dello stupefacente con tanto di bilancino. In una intercettazione ambientale in casa di una esponente del clan Elia, il gruppo criminale che guadagnava 5mila euro al giorno dal business illegale, due sorelline sono alle prese con il «taglio» di una partita di «neve». La più piccola, otto anni appena, chiede allo zio: «Ma a te piace fare questo mestiere?». E lui, sorpreso: «Quale mestiere? No, no... io sono una brava persona, io». E subito dopo le cimici sorprendono la «brava persona» mentre si fa passare il metadone per allungare ancor di più una dose.

Le due sorelle ridono poi di un eventuale tema sulla droga da fare a scuola e delle risposte da dare agli insegnanti sui lavori fatti dai genitori.

Un'altra «schiava» della piazza di spaccio rivelano sempre le intercettazioni ambientali si lamenta con la mamma che la incalza per aumentare il ritmo delle consegne. «Tengo un corpo e due mani dice M. quando divento un robot...». Lavorano con la musica neomelodica in sottofondo. Almeno, si distraggono.

Fin qui le femminucce. Ci son poi anche i maschietti. G. di 13 anni si «occupava della consegna delle dosi di cocaina» in assenza della madre. Lei lo chiamava al cellulare e lo mandava in giro nel quartiere. Un baby pusher ben addestrato tant'è che quando un cliente un po' squattrinato gli propone di acquistare a debito, lui rifiuta l'offerta. Incassando i complimenti della mamma. La stessa che, per chiudere subito un affare, non esita a uscire di casa con l'altro figlioletto di due anni appena per recapitare 5 grammi di cocaina a un misterioso acquirente.

Le telecamere dei militari dell'Arma hanno immortalato quasi tutto. Anche una sparatoria a scopo estorsivo. Gli spacciatori del clan Elia avevano il terrore degli investigatori.

Dopo un controllo

ad ampio raggio nel rione, una mamma spacciatrice telefona al figlio 13enne e si sincera che il barattolo della droga sia stato portato via. Il bambino conferma, e lei affettuosa lo ringrazia e lo saluta: «Ciao a mammina».

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