La narrazione fallita sulla "ducetta" Giorgia

Qualcosa nella sartoria della sinistra non sta funzionando. Il vestito da impresentabile è lì, cucito per mesi, trama su trama, solo che il tessuto e l'ordito sono troppo grossolani

La narrazione fallita sulla "ducetta" Giorgia

Qualcosa nella sartoria della sinistra non sta funzionando. Il vestito da impresentabile è lì, cucito per mesi, trama su trama, solo che il tessuto e l'ordito sono troppo grossolani. È roba di terza o quarta mano. Non sorprende. È finta. Il gioco è quello solito, di chi ormai ha consumato gli ultimi grani di fantasia. Le elezioni vanno contromano. Vince la destra, vince l'anomalia e va al governo. È, per la sinistra, il fallimento della democrazia. È il segno che di questi tempi non puoi fidarti di chi vota e il vero giudizio è di quelli che si astengono. Il passo successivo è gridare che la democrazia è in pericolo. Ci sarà presto un regime e già si sente nell'aria marcire la libertà. È, appunto, il vestito dell'impresentabile. I sarti sanno che non serve più di tanto per far ricredere gli italiani che non sanno quello che fanno. L'ossessione nel rievocare il fascismo può diventare dannosa. Ci crede solo chi è già ideologicamente convinto. È chi ha bisogno di una nemica in camicia nera. È la necessità di riconoscersi per opposizione. Io sono l'anti altro. Il fantasma del fascismo non allarga il consenso. Lo sanno bene anche nel Pd. Allora perché insistere? Semplice, il messaggio non è per gli italiani. È un racconto da esportazione. Giorgia Meloni deve sentire l'imbarazzo di New York, Washington, Parigi, Londra, Berlino. È la razzista. È quella delle stragi del mare. È la minaccia autoritaria. È la «ducetta». Solo che la sinistra ha esagerato. Il racconto non convince. Giorgia Meloni ha finito per sorprendere chi non la conosceva. Il pregiudizio, una volta superato, ha generato un effetto simpatia. È la scoperta di un capo di governo che sicuramente rivendica i suoi principi morali, ma al primo posto c'è il sentirsi profondamente liberal-democratica. È da lì che viene il suo «orgoglio occidentale». Giorgia Meloni, come scrive il Washington Post, è «un modello per la destra europea». La guardano e vedono la leader di un movimento conservatore. Non spaventa. Non ha neppure nulla a che fare con la destra di Donald Trump.

Non è una che in caso di sconfitta prende d'assalto il Parlamento. Non è neppure, a dirla tutta, populista. È una donna che sta imparando l'arte di governare, con i suoi errori e le sue paure, senza sentirsi infallibile e mettendoci la faccia. Non è una maschera.

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