«Abbiamo subito un colpo duro e severo». Quella di Israele «è una dichiarazione di guerra». Le due frasi sono forse le più sincere del discorso pronunciato ieri da Hassan Nasrallah. L'intervento del leader di Hezbollah arrivava a 24 e 48 ore dalla duplice e consecutiva ondata di esplosioni che ha ucciso, mutilato e accecato migliaia di militanti sorpresi dalle esplosioni di cerca-persone e radio trasmittenti. Il discorso era, del resto, quasi obbligato. Era stato Nasrallah lo scorso marzo a imporre l'utilizzo di quei dispositivi invitando i suoi a «buttare i cellulari» definiti «congegni di spionaggio» in grado di «ascoltare ogni cosa». Alla fine però l'intervento è suonato poco rassicurante e nella sua vacuità quasi peggiore della ferita subita.
Come altre volte in questi undici mesi le parole del capo di Hezbollah hanno trasmesso una sensazione d'impotenza celata dal fragore di frasi roboanti, ma ormai consuete. Frasi in cui accusa Israele di aver superato ogni linea rossa e annuncia una «punizione» a tempo debito. E il discorso si fa ancora più stonato quando, rivolgendosi al premier israeliano Benjamin Netanyahu, gli promette che non riuscirà a riportare alle loro case i 60mila israeliani evacuati dai territori del nord. «Fai quello che vuoi, non ci riuscirai - sbraita Nasrallah - l'unica soluzione è fermare l'aggressione contro il popolo di Gaza. Né l'escalation militare, né gli omicidi, e nemmeno la guerra totale riporteranno i tuoi coloni e residenti al confine! Lo sai».
Mentre parla, però, una coppia di aerei israeliani sfiora i grattacieli di Dahiyeh, il sobborgo meridionale Beirut roccaforte dell'organizzazione sciita. E a Sud altre squadriglie di bombardieri con la Stella di Davide martellano le postazioni di Hezbollah e i depositi di armi disseminati lungo il confine in quella che potrebbe essere il primo round della «nuova fase» del conflitto annunciata da Netanyahu. Un conflitto che Hezbollah, privo di quei 3mila militanti definiti dallo stesso Nasrallah come «quadri» della sua struttura armata - rischia di affrontare con una forza militare disarticolata e lenta a reagire. Un forza che però mantiene la sua consistenza se combatte in difesa. Stando alle stime più accreditate Hezbollah dispone di 20mila combattenti in linea e di altri ventimila pronti ad affiancarli nelle prime 48 ore di ostilità. Con questo potenziale - a cui si aggiungono altre decine di migliaia di uomini mobilitabili in capo a qualche settimana - può sicuramente contenere uno sfondamento dei suoi confini di terra. Anche perché tutta la zona profonda circa 30 chilometri dalla frontiera al corso del fiume Litani è un'autentica gruviera disseminata di fortificazioni e tunnel più profondi e complessi di quelli scavati da Hamas nella Striscia. Quella zona è anche l'obbiettivo strategico di un esercito israeliano incaricato di creare una zona cuscinetto per permettere il rientro dei 60mila israeliani alle loro case.
Senza dimenticare che ancor prima di avanzare nel Sud del Libano, Israele deve annientare le circa 100mila testate missilistiche con cui Hezbollah è in grado di colpire il suo territorio.Insomma per quanto velleitarie le parole di Nasrallah sono pur sempre l'espressione di un movimento armato capace di resistere per anni a una invasione israeliana. Come già fece tra il 1982 e il 2000.
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