La Nato si muove, ma Putin colpisce

Manovre nel Baltico. Mosca distrugge i rifornimenti. Kiev: servono armi pesanti

La Nato si muove, ma Putin colpisce

C'è un non troppo sottile fil rouge che unisce, su tutti i quadranti, alleati e nemici in questi primi 100 giorni della guerra in Ucraina e si ritrova alla voce armi. Nel giorno in cui si apre sul fronte Baltico un'imponente manovra Nato, unire i punti di tale puzzle geopolitico può essere un utile esercizio per provare a capire quali riverberi porterà la nuova fase.

Da ieri e per 12 giorni ben 16 Paesi, ovvero i 14 membri dell'Alleanza Atlantica con Finlandia e Svezia, daranno vita all'esercitazione militare annuale denominata Baltops: dal Mar Baltico fino a Kiel, in Germania, 4mila militari, truppe d'assalto marittimo, più di 60 aerei e 40 navi faranno «ginnastica» con l'obiettivo non solo di dare un segnale esterno ma anche di essere pronti a qualsiasi scenario, così come fatto da Israele e Cipro 48 ore prima nel Mediterraneo orientale nei confronti delle tensioni di matrice iraniana.

Presente anche una nave d'assalto anfibia molto speciale, ancorata al porto di Stoccolma: la Uss Kearsarge. «Nessuno può ignorare che c'è questa grande nave qui nella nostra città - ha puntualizzato Micael Byden, comandante supremo delle forze armate svedesi - Ci sono più capacità su questa nave di quelle che potrei riunire in una guarnigione». Il riferimento è alla pancia della Kearsage, in grado di contenere 26 aerei da guerra e 2.400 tra marines e marinai. È questa la risposta americana all'esigenza di garantire la sicurezza dei due Paesi nordici dopo le minacce ricevute in virtù della loro richiesta di entrare nella Nato. In questo modo, ha spiegato il capo di stato maggiore congiunto Usa Mark Milley, il Baltico diventerà un lago Nato, a parte San Pietroburgo e Kaliningrad: «Questo sarà molto problematico per i russi, militarmente parlando».

Madrid intanto si allinea all'ultra atlantismo e dopo i rifornimenti leggeri come munizioni e lanciagranate invierà in Ucraina missili antiaerei Shorad Aspide e carri armati Leopard A4, oltre all'indispensabile addestramento per la resistenza di Zelensky da effettuarsi probabilmente in Lettonia. Così il governo spagnolo compie un salto in avanti proprio mentre Berlino prima tesse e poi sfila la sua tela di Penelope: annuncia l'invio di armi a Kiev ma senza un cronoprogramma preciso, il tutto mentre si è reso protagonista della più grande campagna di riarmo della sua storia recente, investendo 100 miliardi.

Sul punto si registra il disappunto dell'ambasciatore ucraino in Germania, Andriy Melnyk, secondo cui il fatto che Berlino non abbia ancora inviato carri armati a Kiev «è un peccato» e «passerà alla storia», scrive su Twitter. Sempre da Kiev fa notizia la precisazione del viceministro della Difesa Hanna Maliar: gli alleati occidentali «devono capire» che fornire armi pesanti all'Ucraina non è un aiuto «una tantum», ma deve essere continuato fino alla vittoria. «Avremo sempre bisogno di sostegno, dato che siamo già entrati in una lunga guerra. I nostri combattenti sono davvero preparati - ha aggiunto - Ma la loro motivazione e addestramento non sono sufficienti per battere la Russia senza armi. Pertanto, diciamo apertamente che abbiamo bisogno dell'aiuto del mondo occidentale, soprattutto di armi. E prima di tutto parliamo di difesa aerea e armi pesanti».

Subito arriva il controcanto di Mosca, per bocca del presidente Vladimir Putin secondo cui se l'Occidente fornirà missili a lungo raggio a Kiev, la Russia ne prenderà atto e colpirà strutture finora risparmiate dalla guerra: «Secondo me, tutto questo clamore su ulteriori consegne di armamenti generalmente persegue l'unico obiettivo di prolungare il conflitto armato il più a lungo possibile».

Ma non c'è solo la Germania ad aver investito massicciamente su mezzi e tecnologie: molto più a Est del Baltico ecco la Cina che, nonostante la crisi pandemica e le politiche zero Covid che hanno zavorrato Shanghai, non smette di riempire il proprio bilancio alla voce difesa. La spesa militare cinese al prossimo dicembre sarà aumentata del 7,1%.

Una cifra che si somma a quella fatta registrare nell'ultimo biennio quando ha investito il 6,6% nel 2020 e il 6,8% nel 2021: un passo quello di Xi Jinping che vale 239 miliardi. Una montagna rispetto ai 16,8 miliardi di Taiwan o ai 47 del Giappone.

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