«Da cinquecento giorni Mosca sta portando morte e distruzione nel cuore dell'Europa, cercando di distruggere l'Ucraina e di dividere la Nato. Il nostro summit manderà un messaggio chiaro: la Nato è unita e l'aggressione russa non vincerà». Alla vigilia del cruciale vertice atlantico che si aprirà a Vilnius martedì, uno Jens Stoltenberg fresco di rinnovo annuale del suo mandato alla guida dell'Alleanza parla chiarissimo ed è altrettanto chiaro perché i fautori (anche occidentali e anche italiani) dell'indebolimento della Nato abbiano mal digerito la sua conferma: finché il segretario generale è uno come lui, ambiguità nei confronti di Vladimir Putin non se ne vedranno.
Il segretario generale della Nato è soddisfatto dell'aumento delle spese militari degli alleati europei e del Canada: più 8,3% in questa prima metà del 2023, con 11 Paesi che hanno superato il limite minimo prefissato del 2% del Pil e altri che presto lo faranno. Incrementi, nota Stoltenberg, che non si vedevano da decenni e che permettono di affermare che «gli alleati stanno investendo in difesa con i fatti e non a parole»: qualcosa di cui Putin può incolpare solo le sue politiche aggressive. Lo stesso vale per la recente adesione alla Nato della Finlandia e per quella auspicata della Svezia, che sarà tema centrale a Vilnius insieme con quella (in ogni caso più lontana nel tempo) della stessa Ucraina.
Quest'ultima è stata ovviamente al centro delle dichiarazioni di Stoltenberg, che ha promesso di «renderla ancora più forte». Tre i punti di un pacchetto dedicato a Kiev: assistenza militare per rendere le forze ucraine interoperabili con quelle Nato (proprio ieri è arrivato da Washington l'annuncio della fornitura delle micidiali bombe a grappolo, peraltro ampiamente usate dall'invasore russo); avvio del Consiglio Nato-Ucraina per rafforzare i legami politici; e, soprattutto, l'auspicio del segretario che a Vilnius i leader politici confermino il sì all'ingresso di Kiev nell'Alleanza Atlantica. In questa vigilia, il presidente ucraino sta girando l'Europa orientale per ottenere appoggi: è stato in Bulgaria, in Cechia e in Slovacchia, da dove ha definito «una minaccia alla forza dell'Alleanza e alla sicurezza del mondo intero» l'indecisione all'interno della Nato sull'adesione della Svezia e del suo Paese. Ancor più esplicito il suo consigliere presidenziale Mihaylo Podolyak, che enuncia cinque obiettivi di Kiev nella guerra in corso: liberazione di tutti i territori ucraini occupati, smilitarizzazione della Russia, tribunale internazionale per i criminali di guerra russi, riparazioni per la ripresa dell'Ucraina e «significativa riduzione della soggettività russa e del suo potenziale di ricatto».
Ma la tappa più importante del tour di Volodymyr Zelensky è stata quella di ieri in Turchia, su invito del leader turco Recep Tayyip Erdogan. Oltre a quella del sostegno turco all'allargamento dell'Alleanza, sono sul tavolo la questione della fornitura di armi turche (soprattutto droni) a Kiev e quella del difficile rinnovo dell'accordo sul corridoio del grano, siglato un anno fa con la Russia grazie alla mediazione di Erdogan e che ha permesso in un anno l'export di 30 milioni di tonnellate di cereali rimasti bloccati nei porti ucraini causa guerra. Mosca sta cercando di imporre come condizione del rinnovo l'autorizzazione a usare lo stesso corridoio marittimo per l'export di grano e fertilizzanti russi, bloccato dalle sanzioni internazionali.
Erdogan avrà anche un ruolo centrale a Vilnius, dove il suo veto (e quello del premier ungherese Viktor Orbàn, il quale promette di accodarsi alle decisioni dei turchi) che tuttora blocca l'adesione svedese potrebbe finalmente cadere.
Le pressioni americane su Erdogan sono insistenti, ma il presidente turco potrebbe resistere: il prezzo che chiede in cambio consegna da Stoccolma di terroristi curdi che in Svezia considerano rifugiati, ma soprattutto un contratto da 20 miliardi di dollari per l'acquisto di bombardieri F-16 americani su cui il Congresso Usa ha forti riserve è davvero alto.
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