"Navi Ong registrate nel Nord Europa? Sanno che lì non ci arriveranno mai"

L'ammiraglio: "Non c'è obbligo di sbarco nel Paese di bandiera"

"Navi Ong registrate nel Nord Europa? Sanno che lì non ci arriveranno mai"

L'emergenza sbarchi torna a colpire l'Italia. Sono migliaia i migranti giunti sulle nostre coste nel corso del 2021. Fabio Caffio, ammiraglio e tra i massimi esperti di diritto marittimo, ha spiegato al Giornale cosa succede con le navi delle Ong e cosa si può fare in concreto.

Le navi delle Ong battono bandiera di Stati diversi dall'Italia. È possibile ritenere responsabili questi Paesi per l'accoglienza?

«L'idea per cui salire su una nave equivale a entrare nel Paese di cui l'imbarcazione ha la bandiera si basa su un principio che deve essere richiamato dal regolamento di Dublino. Non risulta che l'accordo preveda questo richiamo: parla di territorio e di frontiere».

C'è però una responsabilità di questi Stati.

«Certamente, lo Stato deve essere coinvolto per il principio del genuine link', il collegamento tra nave e Paese di cui è parte. Il problema è che la normativa è vaga. Si parla di informare lo Stato ma non dice che deve intervenire e prendersi i migranti».

Cosa può fare l'Italia?

«O si pensa a un accordo europeo, qualcosa di valido sempre, oppure si procede caso per caso andando a parlare col singolo Paese. L'Europa è stata molto spesso assente. E noi non siamo mai riusciti a ottenere nulla, perché alla fine ci siamo presi solo gli obblighi. Il caso Rackete, del resto, ha fatto giurisprudenza e nessuno adesso si sogna di punire una nave ong per favoreggiamento».

In assenza di un accordo-quadro, ora come si può gestire l'arrivo di una nave di una Ong?

«In questo momento l'Italia non può fare molto per il semplice motivo che gli accordi sono tutti concentrati sul Paese di primo approdo. Le autorità dovrebbero obbligare una nave carica di migranti a rimanere in acque internazionali, attendere che vi siano accordi con il Paese di cui batte bandiera e aspettare che questi migranti siano mandati lì».

Detta così sembra essere impossibile.

«Ma l'Italia ha sempre privilegiato l'aspetto umanitario. Tanto più che ora, nel Mediterraneo centrale, i porti sicuri sono pochissimi. Pensiamo alla Tunisia».

In più queste navi non sono battenti bandiere di Paesi mediterranei.

«Sono imbarcazioni norvegesi o tedesche. Prima ci furono problemi anche con navi olandesi. Di certo, anche grazie a questa condizione, è praticamente impossibile pensare di portare lì in Nord Europa via mare queste imbarcazioni».

In effetti anche la scelta delle Ong di puntare su determinati Stati sembra curiosa

«Molto spesso lo fanno per questioni burocratiche. Però esistono i cosiddetti Paesi-ombra che di solito non hanno problemi a concedere la loro nazionalità. Scegliere uno Stato europeo appare una provocazione. Certo, fa riflettere che Stati europei concedano così facilmente i loro diritti ma non siano affatto responsabilizzati. Danno la bandiera ma poi se ne lavano le mani, lasciando il compito ai Paesi mediterranei».

E sono quasi sempre Paesi del Nord Europa dove esistono parecchi gruppi legati a Ong e movimenti più radicali su questo tema.

«Si, non esistono imbarcazioni con bandiera greca o maltese, per esempio. Del resto a Malta i migranti praticamente non sbarcano.

Se una ong vuole arrivare nell'isola, lo può fare solo a condizione che le persone prendono immediatamente l'aereo e siano ricollocati altrove. Magari hanno già accordi con le stesse Ong o con gli altri Paesi europei. Ma di sicuro se usano una nave dal Nord Europa è tutto più semplice: tanto non possono arrivarci»

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