L'esercito di anziani continua a ingrossarsi, arrivando a quasi doppiare come numero i più giovani. Dall'Istat è arrivato un nuovo allarme legato all'invecchiamento della popolazione, oltre all'ampliarsi del solco tra Nord e Sud con il Pil pro-capite delle regioni del Nord-Ovest (41mila euro) che quasi doppia quello del Mezzogiorno (21mila euro circa). Naturalmente va segnalato anche un ben diverso costo della vita, assai più favorevole al Mezzogiorno. Per tornare al tema pensioni, nel 2023 si contano 193 persone con almeno 65 anni ogni 100 giovani con meno di 15 anni, a indicare che la popolazione anziana è quasi il doppio di quella giovane. La prima è predominante ovunque, pur con differenze ampie: si va dai 271 anziani per 100 giovani in Liguria ai 132 nella Provincia autonoma di Bolzano. Il direttore centrale Istat per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche economiche e per i fabbisogni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Stefano Menghinello, in audizione davanti alla Commissione per l'attuazione del federalismo fiscale, ha spiegato come dal 2012, a livello medio nazionale, l'indice di vecchiaia è aumentato di 44,7 punti (+61,4 punti dal 2002).
Indubbiamente si tratta di un trend preoccupante che rende sempre più pressante il nodo pensioni. Negli ultimi 5 anni (tra il 2019 e il 2023) la spesa pensionistica si è ingrossata di ben 40 miliardi , come certificato dalla Ragioneria dello Stato. Prima Quota 100, poi in misura minore le altre successive deroghe alla legge Fornero, hanno portato oltre 0,4 punti di Pil di spesa in più all'anno. Di contro, i tecnici del Tesoro evidenziano come le misure contenitive introdotte dal governo Meloni nelle ultime due finanziarie hanno favorito un'incidenza della spesa più bassa di circa lo 0,1 per cento.
Cosa ci aspetta nei prossimi anni? Nulla di buono se non si cambia. Il picco della spesa pensionistica in percentuale al Pil nel 2040 arriverà a toccare il 17% (dal 15,6% atteso alla fine del biennio 2023-24) a causa della crescita del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati indotto dalla situazione demografica. Un po' di respiro si avrà solo quando si arriverà all'applicazione generalizzata del calcolo contributivo con rapporto sul Pil al 16% nel 2050 e al 13,9% nel 2070.
«La sostenibilità di lungo periodo del bilancio pensionistico è garantita dalla formula contributiva - argomenta Michele Raitano, direttore del Dipartimento
di Economia e Diritto dell'Università La Sapienza di Roma - mentre nell'immediato il sistema risente di bassa crescita del Pil e bassi livelli salariali che indeboliscono la base contributiva del sistema a ripartizione».
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