Nell'Unione è scattata la fuga dall'accoglienza

Nell'europeista Polonia il 51% dei cittadini è pronto a lasciare l'Ue per evitare i migranti

Nell'Unione è scattata la fuga dall'accoglienza

Il 51% dei polacchi si dice disposto a lasciare l'Unione europea nel caso in cui Bruxelles imponesse di accettare immigrati; il 56% è disposto a rinunciare ai finanziamenti comunitari per la stessa ragione. Sono i risultati di un sondaggio realizzato da «Ibris», uno dei più importanti Istituti di Ricerca polacchi, per il settimanale Polityka.

I risultati sono oggettivamente dirompenti se si considera che solo qualche mese prima, uno studio del Parlamento Europeo, aveva indicato la Polonia tra i paesi più entusiasti dell'adesione all'Ue (insieme a Irlanda, Germania e Olanda): il 71% dei polacchi definiva un «buona cosa» l'Unione Europea contro il 53% dei francesi, il 35% degli italiani e il 34% dei Greci. Dalla caduta del Muro di Berlino, la Polonia è diventato il paese più europeista e filo-occidentale del continente, per due motivi principali.

Il primo «storico», legato alla necessità di svincolarsi dalla sfera d'influenza di Mosca vista come una secolare minaccia all'indipendenza nazionale del Paese. Nel 2003, un anno prima dell'ingresso in Europa, Ròza Thun, allora Presidente della Fondazione Schuman ed esponente influente della resistenza anticomunista polacca, lo spiegò chiaramente: «Per voi occidentali la Seconda Guerra mondiale è finita sessant'anni fa. (); per noi è durata fino all'89 con il comunismo e l'assoggettamento alla Russia».

Il secondo motivo è invece economico: la Polonia è il più grande beneficiario di fondi per le politiche comunitarie: oltre 13 miliardi raccolti nel 2015 a fronte dei quasi 4 miliardi versati. In questi ultimi mesi però il sentimento dell'opinione pubblica polacca sembra essere cambiato considerevolmente. La crisi dei migranti che sta mettendo a rischio la tenuta di paesi come l'Italia e le relazioni tra i governi europei, tocca anche Varsavia e lascia dietro di sé un'ulteriore scia di indebolimento del progetto europeo.

Recentemente Bruxelles ha avviato la procedura di infrazione contro Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca che hanno rifiutato di accogliere le loro quote di migranti giunti in Italia e Grecia, secondo le direttive europee; ed ora rischiano il blocco dei finanziamenti comunitari. La cosa non sembra spaventare i polacchi e neppure il loro governo; il Primo Ministro Kaczynski ha recentemente ribadito che Varsavia è disposta a rinunciare ai soldi dell'Ue ma non «ai nostri diritti di nazione sovrana».

Se l'Unione Europea imploderà non sarà a causa della crisi economica ma a causa del drammatico scollamento tra l'élite di Bruxelles e i cittadini che l'Europa pretende di rappresentare.

La superficialità e l'inadeguatezza con cui le classi dirigenti europee hanno affrontato il dramma dell'immigrazione sembrano ora determinare una crisi sempre più ampia. Siamo di fronte alla reazione di quelle nazioni che non vogliono rinunciare alla propria identità a alla propria sicurezza. Gli eurocrati lo chiamano populismo ma in realtà è solo realismo e senso del futuro.

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