Netanyahu più vicino al governo. Ma il processo lo preoccupa

Non si chiude la raccogliticcia alleanza contro Bibi. Che per toccare i 61 seggi punta agli arabi di Ra'am

Netanyahu più vicino al governo. Ma il processo lo preoccupa

Dopo una giornata di colloqui molto sofferti alla fine sarà difficile che il presidente di Israele Reuven Rivlin possa affidare a chiunque non sia Netanyahu la formazione di un nuovo governo. Perché a tarda serata Gideon Sa'ar, fondatore di «Nuova Speranza» e aspirante primo ministro, transfugo dal Likud che aveva giurato che mai e poi mai accetterà di sedere in un governo di cui sia il primo ministro Bibi, ha tuttavia rifiutato di dare il suo appoggio al principale oppositore di Netanyahu, Yair Lapid. Ma Bibi ha 30 seggi, e Lapid 17: i conti degli ultimi giorni davano al primo ministro uscente 52 seggi e a Lapid 45, una somma spuria di ispirazioni anti-Bibi, che se sommati ai 7 seggi di Sa'ar avrebbero portato a un pareggio che avrebbe aperto la strada dell'incarico. Invece, niente. Il mix di partiti di destra e di sinistra che si sono affannati per mettere insieme un patchwork per Lapid, scivolano su una buccia di banana.

Tanto poco è piaciuto a Rivlin la decisione di Sa'ar, che ha subito dichiarato con gesto davvero irrituale che non riteneva chiusa la decisione di «nuova speranza» e che pregava di fare ancora qualche telefonata prima di arrivare a quella conclusione.

Ma per ora Netanyahu ha di nuovo un numero maggiore di seggi per formare una coalizione, sempre però troppo basso rispetto ai 61 seggi necessari nella Knesset di 120 deputati, dato che «Yemina», la «destra» di Bennet, per ora indica proprio Bennet come suo candidato. Si può sempre pensare all'appoggio esterno del partito di Mansour Abbas, Ra'am, l'arabo islamo-riformista che si muove sul modello dei Patti d'Abramo, ma stavolta dentro Israele: il mondo musulmano israeliano finalmente per i suoi interessi, e non per un ideale «palestinese». Ma sarebbe una scelta molto contestata dalla parte destra della coalizione pro Netanayahu, che porterebbe a nuove rotture ideologiche. E a nuove elezioni, le quarte elezioni in due anni.

Di questa trappola fa parte, senza dubbio, la polarizzazione fifty-fifty pro o anti Bibi creatasi nella società israeliana. Ieri è andata in scena su un palcoscenico rotante. Da una parte l'antipatia palese di Rivlin, dall'altra la prima seduta del processo per corruzione. Si è trattato del caso 4000, per cui si dice che il pm è «corrotto», accusa improponibile secondo molti giuristi di tutti il mondo. Si parla del tentativo di Netanyahu di convincere i rappresentanti del sito Walla di dargli maggiore copertura in in cambio di supposti favori alla società di comunicazioni Bezeq padrona della testata. L'attacco al primo ministro ieri ha visto la testimonianza del ceo di Walla che raccontava come lui e un direttore si riferissero a Bibi chiamandolo «Kim» in riferimento a Kim-Jong un perché si sentivano dominati e impauriti.

Il ceo di Walla, Ilan Yeshua, ha anche detto che Netanyahu, sua moglie e suo figlio li sommergevano ossessivamente di richieste. Un po' poco per fare di Netanayahu un criminale. Lui ha accusato la pubblica accusatrice di aver messo in scena una «rappresentazione», e definito il processo stesso «un tentativo di colpo stato».

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