"Noi agenzie per il lavoro chiediamo di gestire i flussi per collocare manodopera"

Il presidente di Assosom: "Basta clic day, all'Italia servono immigrati specializzati"

"Noi agenzie per il lavoro chiediamo di gestire i flussi  per collocare manodopera"
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Clic day, zone d'ombra, lo zampino della criminalità. Giorgia Meloni denuncia le infiltrazioni criminali e gli interessi della malavita nel decreto flussi, e un esperto del settore come Rosario Rasizza (ad di Openjobmetis, prima agenzia per il lavoro quotata in borsa, e presidente dell'associazione di categoria Assosom) racconta al Giornale che cosa non funziona nel sistema. «Ci sono persone che arrivano nel nostro Paese e che potrebbero portare qui le loro competenze», esordisce, «ma noi non facciamo nulla per conoscerli, per capire che cosa hanno fatto in passato e in che cosa possiamo specializzarli».

«Noi» come Paese. E voi come agenzie per il lavoro?

«Siamo una parte passiva di questo processo: ci limitiamo a osservare che, in occasione del clic day, le aziende esauriscono in poche ore la domanda di persone che vogliono venire in Italia. Poi non si sa più niente di queste persone. Ma, considerando che le agenzie per il lavoro sono autorizzate dal ministero del Lavoro e sottoposte a controlli periodici da parte dell'ispettorato, avrei un suggerimento per l'esecutivo: affidateci un decreto flussi in via sperimentale, 25mila ingressi l'anno, 75mila in tre anni. Vi diremo esattamente, per ognuna di queste persone, dove l'abbiamo mandata a lavorare, in quale azienda, con quale contratto collettivo nazionale e con quale stipendio».

Con buona pace delle infiltrazioni criminali...

«Con noi, soggetti autorizzati, diventa difficile infiltrarsi. Chi verifica se le aziende che prendono parte al clic day poi fanno lavorare questi cittadini stranieri? Con noi, il ministero del Lavoro dovrebbe controllare solo 150 agenzie per il lavoro, non centinaia di migliaia di aziende. E potremmo fare una piattaforma dove il ministero può chiedere per ogni ingresso dove ho inserito questa persona a lavorare, e io devo dartene conto. Se non lo faccio, mi sospendi la licenza».

In questo «sistema ordinato», quali sono le figure professionali che dovrebbero trovare le porte aperte con i decreti flussi?

«Per cominciare il settore infermieristico. Noi per esempio abbiamo iniziato questo percorso utilizzando il decreto flussi post-Covid, e portiamo in Italia infermieri da Brasile, Argentina, Tunisia, perché hanno competenze che a noi servono tanto. Poi c'è l'informatica: abbiamo contatti con una struttura in Siria dove la competenza di settore è estremamente elevata, hanno il vantaggio di conoscere l'inglese e potrebbero lavorare da remoto, senza essere stabilmente in Italia. Infine, l'edilizia: l'Italia dev'essere cablata, e servono persone che traccino la strada per infilare il tubo, e che mettano in quel tubo la fibra. E che giuntino quella fibra, siccome il tubo non va dritto da Trento a Reggio Calabria. Insomma, dobbiamo renderci conto che il nostro Paese ha bisogno di manodopera, e dobbiamo davvero far sì che questo processo sia organizzato».

Non con la corsa all'ultimo mouse del clic day...

«Non ha senso. Serve una cabina di regia che chieda a Confindustria e Confcommercio: che cosa serve alle vostre imprese? Quali competenze devono avere queste persone? Quali caratteristiche? E si potrebbe iniziare a fare uno screening anche a quanti arrivano malamente, sui barconi.

Piuttosto che pensare che siano tutti delinquenti, chiediamogli chi sono, che cosa sanno fare, che lingue conoscono. Per poi insegnargli l'italiano e avviarli a un corso di formazione. Di certo il governo ha con noi agenzie per il lavoro uno strumento pazzesco, eppure non ci utilizza per aiutarli in questo settore».

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