Noi, ostinati grafomani in eterna lotta per la risposta

Noi, ostinati grafomani in eterna lotta per la risposta

C hi scrive ai giornali, io lo faccio da circa mezzo secolo con un certo appagante successo, è un ostinato ambizioso egocentrico piccolo scrittore in sedicesimo (in trentaduesimo mi sembra troppo modesto) che si sente prescelto e predestinato a illuminare il colto e l'inclita su qualsiasi argomento dello scibile umano, dallo stoccafisso al sesso, agli stambecchi. La lettera viene studiata, rifatta, limata, abbellita e dopo aver controllato indirizzo e affrancatura, imbucata alla Posta centrale per maggior garanzia di pronta partenza.

Già il giorno dopo inizia la tribolazione. Sarà pubblicata? Se no, perché? Si guarda subito alla pagina delle lettere. Non c'è. Il giornale perde d'interesse. Non val neppure la pena di leggerlo. Forse ci sarà domani, si consola, non può ancora essere arrivata. Continua a non capire perché alla sua, dall'argomento così stimolante e di grandissimo interesse generale, dall'italiano così vivo e dallo stile così corretto, usa persino il congiuntivo, siano state preferite decine di altre così trite e ritrite e di nauseante banalità.

Tutta colpa di quell'incontrollabile giudice al quale spetta la scelta del computer o del cestino, senza possibilità di appello. E se invece la prima cernita la facesse la sua segretaria? Quindi la lettera potrebbe anche non arrivare sulla sua scrivania. Cosa si scrive a fare, allora? Ma qualche volta ecco il giorno fortunato! La legge, la rilegge. Sì, il nome è giusto. Ci mancherebbe anche che l'onore andasse a un altro! Proprio bella, pensa. La mostra subito ai familiari e agli amici. Ne fa subito fotocopie. Tutti si complimentano per il suo acume: amitiée oblige...

Metà del suo tempo lo passa a scrivere lettere al direttore, l'altra metà lo passa in debilitante aspettazione. Una via crucis dolorosa. Ho una proposta a favore mio e di tutti i miei sconosciuti colleghi. Grafomani e giornalisti in pectore (o in calami...). Aver a disposizione delle buste per posta ordinaria ma con una ricevuta di ritorno ad hoc, sulla quale l'irraggiungibile preposto alla nostra felicità o disperazione possa subito timbrarla con un bel sì o, dio non voglia, un brutto no. Così potremmo metterci subito il cuore in pace.

E più rilassati potremmo metterci subito a scrivere la prossima lettera al direttore. Sempre con la penna in mano...

Gianni Aonzo

Spotorno (Savona)

Il Giornale, 15 luglio 2001

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