E Mario Draghi fa causa alla Bce (ma non la presiede lui)

Non gli cambiano il Bot in lire, l'omonimo del banchiere si rivolge al tribunale

E Mario Draghi fa causa alla Bce (ma non la presiede lui)

Mario Draghi fa causa a Bankitalia. In molti, nei palazzi romani, sono saltati sulla sedia quando hanno letto i titoli della rassegna stampa mattutina. E giù con le ipotesi: l'eurogovernatore vorrà dal suo vecchio datore di lavoro qualche stipendio arretrato? O avrà messo mano alle carte bollate sol perché magari l'Italia non sempre si mostra pronta ai richiami della Bce? E mentre già le segretarie preparavano tisane e camomille, è arrivata la risposta ai quesiti, racchiusa nelle prime righe dell'articolo malandrino nelle cronache del Resto del Carlino : a muovere gli avvocati contro l'istituto custode dei forzieri italiani era stato sì un Draghi e pure Mario, ma soltanto omonimo del ben più noto Mister Euro.

Originario di Padova ma da tempo residente a Fermo, il Draghi marchigiano s'è affidato ai legali dell'Associazione per la giustizia in Italia per avere ragione d'un certificato di debito pubblico risalente agli anni '50. Un bot da 20.000 lire, che oggi frutterebbe 143.000 euro se solo la Banca d'Italia ne consentisse l'incasso, invece stoppato dalla regola della prescrizione del credito. Come d'altra parte avvenuto in casi analoghi secondo un principio adesso contestato da Mario Draghi il fermano, che non esclude di ricorrere anche al Mario Draghi banchiere d'Europa per veder riconosciuti i propri diritti.

In giudizio, allora. Come tanti altri portatori di nomi e cognomi illustri. Maria Belen Rodriguez, ad esempio, con l'universalmente famosa showgirl aveva in comune l'anagrafe, non la sfortuna di veder legati alla sua identità centinaia di siti porno.

E hai voglia a sollecitare Google a rimuovere collegamenti fasulli quando ti chiami come qualcuno che tutti conoscono ma di cui non hai la carta d'identità: presa per mitomane, la Maria Belen Rodriguez dei poveri ma ugualmente belli s'è dovuta affidare ai giudici per avere soddisfazione.

E come lei Francesco Schettino, venticinquenne di Reggio Calabria: nel 2012, dopo il naufragio della Costa Concordia, su facebook fu subissato di insulti e minacce da quanti pensavano di dialogare con lo Schettino capitano finito sugli scogli del Giglio. C'ha pure provato a spiegarsi, ma nessuno gli ha creduto. Ed ha dovuto portare in Tribunale il signor Mark Zuckerberg, a dimostrazione di un'antica legge: il nome dà la fama, non sempre il potere.

 

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