Per non ingolfare i processi la toga abolisce i clandestini

Proposta choc del procuratore capo di Trieste: "Quel reato è inutile, va cancellato". E la politica si divide

Per non ingolfare i processi la toga abolisce i clandestini

«Il reato di clandestinità è totalmente inutile. Se lo cancellassero brinderei» è la frase choc di Antonio De Nicolo, il nuovo Procuratore capo della Repubblica di Trieste. Il capoluogo giuliano è il terminale della rotta balcanica e quest'anno sono stati rintracciati in Friuli-Venezia Giulia 5.032 immigrati illegali. Per questo le parole di De Nicolo sono destinate a fare rumore e renderanno felici Ong e sinistra pro accoglienza. «Non ho ancora capito perché, se non per questioni di bandiera politica, non riusciamo a liberarci del reato di clandestinità» ha dichiarato il Procuratore capo durante un'intervista a Tele4, emittente privata triestina, venerdì scorso. Una punzecchiatura, ma in realtà la risposta di De Nicolo pone un problema serio. «Già quando dirigevo la Procura di Udine - ha aggiunto - me ne rendevo conto, ma ora che sono a Trieste, dove il numero (dei migranti illegali, nda) è molto più elevato, ci troviamo subissati da queste denunce di clandestinità per un sacco di pakistani, afghani, siriani, che vengono portati a giudizio per un reato che prevede la sola pena pecuniaria. Anche quando la condanna verrà emessa non sarà mai eseguita perché non li troviamo più sul territorio». O in alternativa se «li trovassimo la condanna è platonica perché non verrebbe mai eseguita. Sono comunque persone non in grado di pagare i 5-6-7mila euro a cui vengono condannati». De Nicolo giura di «non avere mai visto eseguire una condanna. Lo Stato muove carte e basta».

L'assessore regionale alla Sicurezza e immigrazione, il leghista Pierpaolo Roberti, non ci sta: «Se il tema è che non si riesce a fare rispettare la norma essendoci troppi clandestini il discorso diventa pericoloso. Anche il piccolo spaccio è punito con poco più di nulla, ma non vuol dire che bisogna arrendersi alla droga». E poi sottolinea che «il problema va risolto andando a vedere dove c'è l'impiccio, come si può migliorare la norma riuscendo ad applicare le pene. Il reato di clandestinità deve rimanere».

In tv il procuratore capo è andato giù duro: «È totalmente inutile. Intasa gli uffici e rende più difficile la lotta contro i trafficanti. Nel momento in cui abbiamo un clandestino disposto a dirci chi ha pagato e come l'hanno fatto entrare non possiamo sentirlo in qualità di testimone essendo indagato del reato di clandestinità». Un bravo avvocato riuscirebbe facilmente a mettere i bastoni fra le ruote. Una fonte del Giornale in prima linea nel contratto alla rotta balcanica ammette «che vengono accumulati migliaia di fascicoli. La denuncia è obbligata, ma cozza con la domanda di asilo o protezione che i clandestini presentano subito. E adesso queste maglie sono state di nuovo allargate».

De Nicolo ha lanciato il sasso nello stagno. Per Francesco Russo, vicepresidente del Consiglio regionale del Pd, «gli operatori della sicurezza sottolineano da molti anni il problema. Non è quella attuale la modalità per essere efficienti nei confronti del fenomeno dell'immigrazione, ma ancora non abbiamo trovata una risposta».

Paolo Melis, consigliere comunale grillino, non ha dubbi: «Sono d'accordo con il procuratore capo, la previsione del reato non risolve il problema dell'immigrazione clandestina e

appesantisce l'amministrazione della giustizia». Non la pensa così Walter Rizzetto deputato di FdI del Friuli-Venezia Giulia: «Soprattutto in questo momento di impennata degli arrivi via terra e via mare sarebbe un errore».

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