Nordio: porcherie sulle intercettazioni

Il ministro: "Dal caso Palamara criticità. L'emendamento aumenta le garanzie"

Nordio: porcherie sulle intercettazioni

«Il verminaio nella magistratura scoperto grazie al caso Luca Palamara è ancora lì» e resterà tale senza la separazione delle carriere, con il principio correntizio per cui «l'eligendo (al Csm, ndr) si troverà a giudicare dal punto di vista disciplinare lo stesso magistrato a cui è andato a chiedere voti». La lentezza della giustizia civile «ci costa 2 punti di Pil», «il lavoro in carcere è fondamentale perché dà speranza», le intercettazioni «vanno regolamentate», l'abuso d'ufficio così com'è «va abolito» e «il traffico di influenze va rimodulato», «serve l'inappellabilità in caso di proscioglimento». E su queste misure «il centrodestra sarà compatto». Nonostante i proclami di Carlo Nordio, ribaditi sia in audizione alla commissione Giustizia del Senato sia davanti alle telecamere di Porta a Porta, non c'è (ancora) una proposta di riforma del sistema giudiziario. Il nuovo Csm non si è ancora insediato: ci vorrà almeno un mese, se non di più. E l'accordo politico sulla vicepresidenza è in alto mare. Ma nella magistratura in molti tremano. L'invasione dei trojan è sfuggita di mano, è fin troppo facile manipolare brogliacci e captazioni a piacere, come ha denunciato sul Giornale Gioacchino Genchi. Lo dimostrerà l'indagine conoscitiva sulle intercettazioni approvata ieri a Palazzo Madama: Pierantonio Zanettin di Forza Italia ha convocato Giovanni Melillo (Procura nazionale Antimafia), l'avvocato Luigi Panella e i tecnici della società Rcs che hanno inoculato il telefonino di Palamara, la cui verità giudiziaria - stando al Guardasigilli - è ancora lontana. «La materia delle intercettazioni può dirsi delicata almeno quanto quella delle misure cautelari», dice al Giornale l'avvocato Ivano Iai, in corsa per uno dei dieci posti di membro laico del prossimo Csm. «L'esperienza giudiziaria dimostra - dice il penalista - quanto le prime siano in grado di irrompere nella vita delle persone spesso senza i presupposti di rilevanza penale delle conversazioni captate». Questo non significa imbavagliare la stampa. «Non si può nemmeno impedire ai giornalisti di scrivere quanto sta accadendo in un tribunale, perché altrimenti certi scandali emergerebbero soltanto dopo 20 anni», sottolinea l'ex editorialista Nordio, puntando però al tema che gli sta più a cuore: la «porcheria» delle intercettazioni è continuata anche dopo la riforma correttiva dell'ex Guardasigilli Pd Andrea Orlando, «sono uscite cose che non avevano a che fare con le indagini, sono state selezionate, pilotate, diffuse secondo gli interessi di chi le diffondeva e non sono state ancora tutte rese pubbliche o ascoltate dai difensori o individuate nelle forma di perizia», è l'accusa dell'ex magistrato, che dai pm di Firenze che indagano sul caso Open-Matteo Renzi ha mandato i suoi ispettori per capire come mai conversazioni di un senatore siano state divulgate senza passare dalle Camere. Una stortura, anche secondo la Consulta. «Le ispezioni possono fare luce su cosa non funziona. Saranno rigorosissime e immediate», promette.

Magistrati e opposizioni sollevano il ditino: «Manca la riforma carceraria», lamenta la Pd Anna Rossomando, che sottolinea la mancata attuazione della riforma firmata Marta Cartabia. Per la vicepresidente M5s del Senato Alessandra Maiorino «c'è un inquietante piano di deregolamentazione che lascerà praterie aperte ai criminali».

Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia fa spallucce, nega l'evidenza e accusa il ministro di essere disinformato: «Il caso Palamara non è la cartina di tornasole dell'inadeguatezza dell'attuale normativa sulle intercettazioni. Ridimensionarle è un messaggio politico che continuo a non comprendere almeno finché non verrà dettagliato». Come a dire: serve una riforma, non solo slogan.

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