Con il nuovo catasto stangata sulla casa Ecco chi rischia di più

Via al piano di aggiornamento degli estimi delle abitazioni A Pistoia, Pesaro e Messina sono previsti i rincari maggiori

La riforma del catasto è appena partita e già fa paura. In un momento in cui la casa è già martellata dal fisco, i proprietari temono una nuova stangata. E il rischio, è tutt'altro che remoto, almeno in alcune città. È il caso di Messina, Pistoia o Pesaro che, secondo la classifica elaborata dal Sole24Ore , sono quelle in cui i valori catastali, basati su estimi ormai superati, sono più lontani da quelli del mercato, fino ad arrivare, nel caso di Pistoia, a un divario del 300 per cento. Un gap che la riforma dovrebbe ridurre, se non annullare: principio certamente condivisibile. Purché non si traduca nell'ennesima supertassa, che si abbatterebbe come una mannaia su un mercato immobiliare già in sofferenza, facendo precipitare ulteriormente i prezzi delle case.

A Pistoia, ad esempio, si pagano l'Imu e la Tasi su una base imponibile media di circa 73mila euro, a fronte di un valore di mercato medio stimato a 281mila. All'estremo opposto della classifica, a Pordenone, l'imponibile è invece di 126mila euro rispetto a un prezzo di 150mila. Ma anche in altre città i rincari colpiranno alcune zone, un tempo popolari e oggi di pregio: a Milano, per esempio, le ambitissime case di ringhiera di Brera o in riva al Naviglio. C'è poco da stare allegri in generale, comunque: il divario medio nazionale tra valori catastali e quotazioni di mercato è infatti del 68 per cento.

Certo, stiamo parlando di rincari potenziali, basati su calcoli statistici, visto che la riforma - avviata dalla delega fiscale, divenuta legge a febbraio - è solo agli inizi: e vale il principio dell'invarianza del gettito. In ogni caso, con il nuovo catasto cambia radicalmente il principio per il calcolo delle rendite: dai vani, l'unità di misura finora utilizzata, si passa al metro quadrato. I Comuni saranno poi divisi in «microzone» omogenee: per ognuna di queste e per ogni immobile-tipo, bisognerà poi individuare il valore medio di mercato, e da lì, in base a dei coefficienti (i cosiddetti algoritmi, che terranno conto, ad esempio, di ubicazione, epoca di costruzione e grado di finitura), sarà stabilito il valore patrimoniale medio di ogni unità immobiliare reale.

Infine, sempre basandosi sulla statistica, si stabilirà la rendita, cioè il «reddito ordinariamente detraibile», in pratica collegato al canone di locazione. A confondere le idee, poi, ci si mette anche la disposizione che stabilisce di «operare con riferimento» ai valori medi «espressi dal mercato nel triennio antecedente l'anno di entrata in vigore del decreto legislativo»: ma non è chiaro di quale decreto si parli, visto che certamente ne sarà necessario più di uno, forse addirittura una decina. Un percorso lungo e tortuoso, di cui il via libera della commissione Finanze del Senato al decreto attuativo della delega, dedicato alle commissioni censuarie, è il primo passo. Non solo in ordine cronologico, però, ma anche di importanza: le commissioni infatti avranno un ruolo chiave nella riforma. A loro spetterà il compito di rivedere valore patrimoniale e rendite degli immobili avvicinandoli ai valori di mercato.

Un compito delicatissimo, e non a caso sia la commissione del Senato che quella della Camera, a cui toccherà licenziare il decreto, chiedono al governo di garantire all'interno delle commissioni - sia quella centrale sia gli organismi locali - la presenza di tecnici indicati dalle organizzazioni di categoria del settore immobiliare.

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