Nessun dubbio. Nemmeno un tentennamento. Neanche l'ombra di una concessione. Si può dire tutto sul presidente francese Emmanuel Macron ma certo non che sia incline al compromesso. Anzi. Monsieur le president non si è fatto condizionare delle proteste, degli appelli e della rabbia che sta travolgendo la Francia. Non solo non è arretrato di un passo rispetto alla riforma delle pensioni che porta l'età pensionabile da 62 a 64 anni. Ma ha deciso di promulgare la legge in piena notte, subito dopo il via libera della Corte costituzionale francese. «Una provocazione», per chi lo contesta; un gesto di coerenza per chi lo sostiene. Fatto sta che in Francia è scoppiata una nuova piccola rivoluzione.
Dopo le manifestazioni spontanee di venerdì che hanno portato migliaia di persone in strada con un bilancio di ben 138 arresti nella sola Parigi, ieri cortei dappertutto con l'epicentro della rabbia a Rennes, dove circa un migliaio di persone ha sfilato in corteo. Auto incendiate, scontri con le forze dell'ordine e lancio di lacrimogeni a corredo dell'ennesima giornata di caos nel Paese. Secondo i sondaggi, il 60% dei francesi vuole che i sindacati continuino la mobilitazione. E così sarà. Dopo l'appello «solenne» caduto nel vuoto di attendere un summit con le sigle sindacali prima del via libera alla legge, le associazioni delle ferrovie francesi annunciano la mobilitazione per giovedì, «giornata di espressione della rabbia» ma sarà solo un antipasto di quanto potrà accadere il primo maggio con una protesta nazionale e inevitabile pericolo di scontri violenti. Lunedì si riunirà l'associazione intersindacale per decidere quali passi compiere, lo stesso giorno il cui Macron parlerà ai francesi in tv. Un discorso registrato in onda alle 20 su tutte le principali emittenti per spiegare le sue ragioni e cercare, almeno un minimo, di placare la rabbia.
Una rabbia che continua a crescere. Oltre alla piazza e ai sindacati, durissime anche le reazioni politiche. «Macron ha voluto intimidire la Francia durante la notte. Ladro di vita, assurda dimostrazione di arroganza», ha detto il leader della sinistra Jean-Luc Mélenchon. «Nuova fanfaronata di Emmanuel Macron, mentre il paese non è mai stato tanto diviso», il pensiero della segretaria generale del partito ecologista Marine Tondelier. «In piena notte, come ladri. Ladri di vita. Il primo maggio, tutti in piazza», scrive via social Fabien Roussel, segretario del Partito comunista mentre Marine Le Pen capogruppo del Rassemblement National, affonda il colpo: «Macron è un piromane che danneggia la nostra democrazia», mentre i gilet gialli parlando di un «Macron seduto sul vulcano». Per i sindacati, la mossa del presidente tradisce il suo «violento disprezzo» per i lavoratori.
Dopo la bocciatura in prima istanza, sembra inutile e scontato il nuovo pronunciamento della Corte Costituzionale, atteso il tre maggio, sulla possibilità di
sottoporre a referendum la legge. L'attesa è tutta per i prossimi giorni e per quanto accadrà in Francia. Macron tira dritto e gioca a fare il Re Sole. Il Paese è una polveriera. Il caos è garantito e destinato a peggiorare.
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