Alfano se ne infischia dell'aggressione a Salvini

La polizia: "Salvini non ha comunicato gli spostamenti". Il ministro dell'Interno non indagherà: "Mi fido della Questura"

Alfano se ne infischia dell'aggressione a Salvini

Il ministro dell'Interno Angelino Alfano non muoverà un dito per far luce sull'aggressione dei centri sociali al leader leghista Matteo Salvini. Andrà avanti come se niente fosse. Non importa se la visita al campo nomadi bolognese di via Erbosa fosse in agenda da tempo e se la Questura non ha previsto il presidio della polizia. Per il leader di Ncd, Salvini resta un "provocatore" e, quindi, sotto sotto l'attacco dei no global se l'è pure un po' meritato. Certo, questo non lo dice. Ma lo si legge tranquillamente tra le righe. Non solo il titolare del Viminale fa spallucce alle dimissioni invocate a gran voce dal centrodestra, ma non intende nemmeno approfondire la vicenda per capire se qualcosa è andato storto. "Mi fido della ricostruzione della Questura di Bologna", dice. E per lui la vile aggressione di ieri si chiude così.

Sarebbe potuto andare anche peggio. Salvini si è ritrovato in un campo nomadi, senza protezione, in balia degli antagonisti che hanno assaltato la sua auto. È riuscito a fuggire in tempo. Nessuno si è fatto male. Per fortuna. Ma è sotto gli occhi di tutti che qualcosa non ha funzionato, che la rete di protezione che le forze dell'ordine solitamente garantiscono ai politici in determinate situazioni non c'è stata, che per un soffio il leader del Carroccio non è finito nelle mani di no global violenti che brandivano sassi e cinghie. Il primo a chiedere spiegazioni ad Alfano è stato il governatore della Lombardia Roberto Maroni che sulla poltrona del Viminale ha seduto abbastanza anni per capire che ieri, al campo nomadi di via Erbosa, le forze dell'ordine hanno toppato. Ma dal ministero dell'Interno rispondono picche. "La Questura di Bologna - replica oggi Alfano - ha offerto una ricostruzione a cui occorre affidarsi e di cui bisogna fidarsi, non ho nulla da aggiungere". Non ci sarà alcuna inchiesta. L'episodio è destinato a cadere nel dimenticatoio come una delle tante pagine grigie della Repubblica. Dopo tutto il segretario generale del Siulp, Felice Romano, ha assciurato che il servizio di ordine pubblico era presente, "circa 100 uomini". "Ma se lo staff del leader della Lega non comunica che ha organizzato la conferenza stampa in un posto diverso da quello previsto - si scalda - non si può pensare che i poliziotti abbiano la sfera di cristallo". Il sindacato rivolta addirittura la frittata e invita il leader lumbard ad intraprendere un’ispezione all'interno dello staff che lo segue.

Per la Lega Nord, però, l'episodio non finisce qui. E, mentre Salvini annuncia che "molto presto" tornerà a Bologna, sono numerosi gli esponenti del Carroccio a invocare un passo indietro di Alfano. Che, però, fa spallucce e tira dritto: "La richiesta di dimissioni da parte della Lega Nord avviene più volte al giorno tutti i giorni, non mi pare una novità politica".

I suoi, dal quartier generale di Ncd, lo difendono e chiedono a Salvini di "farsi un esame di coscienza". Ma l'aggressione di ieri resterà l'ennesimo passo falso del ministro dell'Interno. Uno dei tanti, ormai siamo anche abituati.

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