Ora anche la Francia moderata boccia Macron "Sugli immigrati, Meloni meglio di Darmanin"

I media repubblicani stroncano l'Eliseo: "Assurdo prendersela con l'Italia"

Ora anche la Francia moderata boccia Macron "Sugli immigrati, Meloni meglio di Darmanin"
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Sorpresa: non vanno a segno, Oltralpe, le uscite sgrammaticate di esponenti di spicco del governo francese, né quelle del presidente del partito di Macron Stéphane Séjourné, che ha rincarato la dose della propaganda gettando l'Italia nel mucchio delle «estreme destre». Hanno provato ad allettare i neogollisti in vista di una legge francese sull'immigrazione, per cui i macroniani da soli non hanno i numeri. Ma strombazzando lo spauracchio della destra lepenista, e delle ricette semplicistiche, la truppa dell'Eliseo ha ottenuto solo un maxi effetto boomerang. Su BfmTv, il presidente del gruppo Les Républicains in Assemblée riporta un po' di realtà nel dibattito deformato. E la stampa picchia. Da Libé a Le Figaro giudizi negativi sul «disastro dell'esecutivo». Legge abbozzata, cancellata, ritirata ma mai davvero presentata. Un coro unanime: incapaci siete voi, altro che gli italiani. Olivier Marleix, patron dei neogollisti in aula, ammette che sull'immigrazione «Meloni è molto più efficace di monsieur Darmanin, e bisogna riconoscerlo»; chiarisce che in Italia governa la destra-centro. E pure il N. 1 del partito Républicains, Eric Ciotti, boccia le piroette di Darmanin & Co.: «Assurde». Si smonta insomma in casa l'accusa del ministro dell'Interno & Co.: di inadeguatezza, incapacità e disumanità. Marleix aggiunge che «pure la Germania sta pensando di inasprire le politiche sui migranti», collaborando con Roma (Berlino darà 1 miliardo extra ai Lander per la gestione dei rifugiati). La maggioranza presidenziale resta invece prigioniera del non detto, in confusione e imbarazzo; piovono ironie anche sul portavoce dell'esecutivo Olivier Véran, protagonista di una missione in Danimarca per «studiare» il modello della socialdemocrazia danese, che per sua stessa ammissione ha avuto successo nel portare l'estrema destra «dal 22% al 2%». Ma come? Attuando quella che Véran definisce «mutazione ideologica», copiando cioè buona parte delle ricette sull'immigrazione proprio della destra.

Non è invece affatto chiaro cosa voglia fare Parigi, con i migranti. La premier Elisabeth Borne spiegava il 26 aprile che non c'era «una maggioranza per votare un testo del genere», rinviando la legge all'autunno. Diceva che non era il momento di un dibattito su «un tema che potrebbe dividere il Paese». Poi, l'ennesima capriola. Questo spiega le accelerazioni retoriche della sua truppa: creare un'altra emergenza, far scordare le pensioni. E infine? Martedì 9 maggio, chiedere al ministro Darmanin di guidare consultazioni proprio sul tema migranti, col titolare Dussopt e col ministro per i Rapporti con il Parlamento Riester. I neogollisti hanno risposto picche. No al caos e basta giochini. Macron è incastrato nell'eterna altalena destra-sinistra, tra «fermezza e accoglienza». E se Marine Le Pen è tranchant, e vorrebbe blindare il confine di Mentone, Roma lavora anche sul lungo termine, coinvolgendo altri Paesi Ue; per agire pure in Africa. «Serviranno anni», ha detto Meloni. Macron vede il fantasma delle urne europee, i suoi si agitano senza riuscire a proporre ai francesi una loro ricetta per gestire i flussi quadruplicati dal Mediterraneo.

Cercano intese parlamentari, rispedite al mittente. Tutto, e il suo contrario, non si possono tenere insieme a oltranza. «Non mi risultano problemi nelle relazioni bilaterali», chiosa il premier Meloni. Un invito soft a tornare sobri.

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