Ora Gentiloni batta un colpo sulla Rai

Ora Gentiloni batta un colpo sulla Rai

Certe volte, guardando alle tensioni in viale Mazzini, mi chiedo cosa davvero i il premier Gentiloni pensi sull'argomento Rai. Lui, che è già stato ministro delle Comunicazioni e membro della commissione parlamentare di Vigilanza, non deve dire nulla sull'ente radiotelevisivo? I tanti problemi sul tappeto e, soprattutto, la consapevolezza di essere alla guida di un governo a tempo, con la spada di Damocle delle elezioni anticipate, forse gli hanno impedito finora di dedicare la dovuta attenzione all'azienda di Stato e all'intero settore. In mancanza di suoi interventi recenti, sono quindi andato a rileggermi il testo del suo disegno di legge che elaborò proprio quando era ministro delle telecomunicazioni nel governo Prodi. Il ddl, mai approvato, venne presentato nell'ottobre 2006 (allora il premier si faceva chiamare con il suo cognome completo: Paolo Gentiloni Silveri): conteneva misure ad hoc per la disciplina delle tlc nella fase di transizione all'avvento della tecnologia digitale, quella fase che stiamo attuando solo adesso, più di dieci anni dopo. Il disegno di legge era composto da otto articoli e, sin dall'inizio, il futuro premier sottolineava la necessità di consolidare la tutela del pluralismo e della concorrenza: un problema, quello del pluralismo soprattutto in Rai, che sentiamo ancora oggi di assoluta priorità. Ma debbo confessare che, alla lettura del testo, sono sobbalzato perché subito al primo articolo ho letto che l'interregno, cioè il tempo necessario per passare alla completa digitalizzazione della rete, sarebbe dovuto finire, negli auspici di Gentiloni, il 30 novembre 2012, salvo eventuali ritardi. Ritardi che, poi, non sono più stati eventuali e che ora stanno raggiungendo il record di cinque anni, una vita in tv. E, allora, di cosa stiamo parlando? Oggi siamo nel 2017 e continuiamo a parlare, almeno in Rai, di piattaforma dell'informazione digitale (con Milena Gabanelli vicedirettore che io stimo molto a dispetto di quanto Francesco Specchia ha sostenuto su Libero arrampicandosi sugli specchi) ) e di una riforma editoriale che cerca adesso di recuperare disperatamente in un mondo, il mondo digitale, ancora in fieri. Mi chiedo cosa abbiano fatto i precedenti vertici di viale Mazzini e dintorni. Non credo che Gentiloni fosse nel 2006 troppo ottimista: pensava solo di essere realista. La verità è che, in questi anni, è stato perso troppo tempo anche in confronto a quanto hanno attuato i «big» esteri.

Ora, di fronte ai riardi sulla tabella di marcia, si fa tutto a marce forzate: è proprio vero che in Rai non è mai troppo tardi. Anche per questo sarebbe importante che il presidente del Consiglio, con l'esperienza che ha alle spalle, facesse sentire la sua voce.

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