Una bandiera del Partito comunista italiano ad accompagnare una tappa del tour di Giuseppe Conte: il leader del MoVimento 5 Stelle sta "seminando" in giro per l'Italia, pure in vista dei ballottaggi, e tra i suoi sostenitori è spuntato qualche nostalgico.
L'avvocato originario di Volturara Appula ha già abbracciato più di un'ideologia da quando è comparso sulla scena pubblica, passando dal populismo al cristianesimo democratico, in breve tempo, nel corso dei suoi due mandati governativi, dunque è facile prevedere come pure il comunismo possa finire per interessare il "nuovo corso" grillino. Non si butta niente.
L'occasione è quella della campagna elettorale per il candidato sindaco di Carbonia Luca Pizzuto, che è un esponente di sinistra. L'ex "avvocato degli italiani", ormai è noto, sarebbe per l'Ulivo 2.0. E questo al netto delle resistenze della frangia movimentista, che invece preferirebbe evitare l'abbraccio organico con il centrosinistra tradizionale. Virginia Raggi ed Alessandro Di Battista scalpitano, anche se per ora nessuno sembra avere il coraggio di operare un vero e proprio strappo.
Nell'Ulivo di Romano Prodi, a ben vedere, c'erano pure il Partito comunista italiano e Rifondazione comunista. Dunque è inutile meravigliarsi più di tanto. Perché lo schema successivo alla "gioiosa macchina da guerra" di Achille Occhetto prevedeva un'alleanza più estesa possibile, accettando infiniti distinguo ideologici al proprio interno, pur di provare a battere il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi. Sappiamo com'è finita. Erano altri tempi, ma c'è una parte dello scacchiere partitico che sta provando a ripristinare quella formula.
Conte è un leader politico liquido. Un vertice in grado di dichiarare che "se populismo è ascoltare bisogni della gente, allora lo siamo", com'è avvenuto durante la fiducia del governo gialloverde, per poi asserire qualche mese dopo che il suo modello è il "cristianesimo democratico" sulla scia di Aldo Moro. Il MoVimento 5 Stelle, in specie nelle fasi iniziali, ha spesso carezzato le idee di certa sinistra, con il giustizialismo a fare da trait d'union.
Poi sono arrivati gli incarichi istituzionali e la linea dura sulla gestione dei fenomeni migratori. Linea subito smentita appena è divenuto chiaro che per tenersi stretto Palazzo Chigi sarebbe stata necessaria l'alleanza con il Pd. La sublimazione di questo percorso risiede nell'autosmentita che Conte stesso ha sbandierato senza farsi troppi problemi sui decreti sicurezza: "Salvini da ministro dell’Interno sui rimpatri e sull’immigrazione ha fallito. È un dato di fatto", ha detto il capo dei grillini qualche settimana fa, omettendo di ricordare di essere stato il firmatario dei decreti in questione, oltre che un loro stretto sostenitore. Ma Conte è così.
I risultati delle ultime elezioni amminsitrative certificano come la leadership di Conte non porti da nessuna parte. Anzi, in termini prettamente numerici, il MoVimento 5 Stelle è crollato rispetto a tutte le ultime competizioni. Ma Conte insiste nel dire che questo è il tempo della "semina" e rivendica una vittoria, quella di Napoli, che dati alla mano sarebbe arrivata con o senza l'apporto della creatura fondata da Beppe Grillo.
In questo caos, che non è per nulla calmo, considerate pure le voci di scissioni ed il malcontento che alberga tra i parlamentari grillini, Conte è stato immortalato con una bandiera del Partito comunista alle spalle.
Il simbolo di un percorso ideologico che non ha tappe di partenza e punti di arrivo, ma che continua imperterrito e che non porta frutti. Dal sovranismo a Togliatti e Berlinguer, passando per Aldo Moro, il passo è lungo, ma Conte ha una falcata tutta sua.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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