Emanuele Orsini è il 32simo presidente di Confindustria. Ieri a Roma l'assemblea privata lo ha eletto a larghissima maggioranza (93% degli 848 presenti, 99,5% dei 793 votanti). Confermate le parole d'ordine della sua campagna elettorale «dialogo, identità, unità». Proprio il grande consenso ottenuto in assemblea «ha dimostrato che il sistema si è ricompattato» dopo la campagna elettorale, ha sottolineato Orsini.
Tra i primi capitoli del suo programma la politica industriale europea che deve essere libera da «atteggiamenti ideologici» e da una «cultura anti-industriale». Secondo il neopresidente, la prossima Commissione deve mettere al centro «le imprese e la crescita del Paese», dunque lo stop ai motori termici dal 2035 è da archiviare. Spazio, poi, al tema dell'energia, una questione di competitività e di sicurezza nazionale. «È necessario lavorare per raggiungere l'indipendenza energetica del Paese e questo - ha rimarcato - non possiamo farlo solo con le fonti rinnovabili; abbiamo bisogno di un mix energetico, dunque serve sostenere il nucleare di ultima generazione non solo in campagna elettorale attraverso una rete elettrica nazionale, non privata», ha detto.
Tra le priorità in tema di lavoro e fisco, Orsini ha richiamato l'importanza del taglio del cuneo fiscale, definito «un atto di responsabilità a cui non possiamo venire meno». Duro, invece, il giudizio sul dibattito attorno al Jobs Act per la cui abrogazione la Cgil sta raccogliendo le firme. «In un momento in cui i lavoratori giovani selezionano le imprese dove lavorare, parlare di Jobs Act mi sembra una pazzia». Analoga contrarietà anche sul progetto di legge che aumenta la rappresentanza dei lavoratori nelle aziende, portata avanti dalla Cisl. «Non siamo d'accordo», ha tagliato corto Orsini.
In base a quanto emerso dalle prime battute il programma del neopresidente è tutto basato su priorità industriali senza nessuna voglia di dettare l'agenda alla politica ma con la precisa richiesta di essere interpellati ogniqualvolta si decida di intervenire in ambito economico. L'unico capitolo più politico riguarda proprio la certezza del diritto. «Ci organizzeremo con un tavolo di lavoro per presentare al governo proposte per avere certezza dei tempi e sicurezza delle procedure», ha aggiunto. Il riferimento è al piano Industria 5.0 che manca ancora dei decreti attuativi nonostante si esaurisca nel 2026, ma anche al decreto Superbonus che ieri è diventato legge. «Sono d'accordo che venga chiuso, ma non dall'oggi al domani: dobbiamo sederci al tavolo per trovare una via d'uscita ma non in chiave conflittuale», ha specificato.
Insomma, quella di Orsini non intende essere una Confindustria che va dal governo di turno col cappello in mano. «Per esser autorevoli bisogna fare proposte a costo zero o che siano considerate investimenti», ha rimarcato. Tra gli interventi auspicati: un piano casa ad affitti calmierati che faciliti la mobilità dei lavoratori e investimenti nelle infrastrutture e nella logistica. Il caso Genova? «Non si blocchino le merci e i lavori», ha chiosato.
Il Ponte sullo Stretto? «Sì, ma sullo Stretto dobbiamo arrivarci». Infine una battuta su Stellantis, che da tempo non è più associata: «Mi auguro mantenga la promessa del milione di veicoli da produrre in Italia. È un tema di salvaguardia di una filiera italiana importante».
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