Ortega arresta un altro sfidante: ne resta uno

Già 7 candidati esclusi dalla corsa. In manette leader, reporter ed ex sandinisti

Ortega arresta un altro sfidante: ne resta uno

Continua senza sosta in Nicaragua l'ondata di arresti di politici dell'opposizione, leader studenteschi, imprenditori, contadini, giornalisti ed ex sandinisti di alto livello iniziata a fine maggio dal regime del 75enne Daniel Ortega mentre il Paese centroamericano somiglia sempre di più a un enorme carcere a cielo aperto.

L'altro ieri la polizia ha arrestato il settimo candidato alla presidenza del Paese centroamericano su otto che si volevano presentare alle presidenziali del prossimo 7 novembre, un record senza precedenti. L'ultimo a finire dentro è stato il leader dell'opposizione, il conservatore 66enne Noel Vidaurre e, sempre sabato scorso, stessa sorte è toccata al commentatore politico Jaime Arellano, arrestato perché aveva osato criticare l'ultimo discorso di Ortega, fatto naturalmente a reti unificate per celebrare il 42esimo anniversario della rivoluzione sandinista.

Nel suo monologo il caudillo nicaraguense aveva festeggiato lo scorso 21 luglio la sanguinaria repressione dell'aprile di tre anni fa, accusando «l'impero» statunitense di riciclare denaro per «seminare terrorismo» a Managua e chiamando «miserabili traditori» gli imprenditori del suo Paese. Vidaurre aveva annunciato la sua candidatura tre mesi fa e il suo arresto si inserisce in una feroce ondata repressiva che da quasi due mesi ha fatto finire in galera celebri giornalisti, importanti ex sandinisti contrari alla deriva dittatoriale, attivisti di portata internazionale e persino ex ministri ed ex ambasciatori dello stesso Ortega.

Si tratta della repressione più grave da quella dell'aprile del 2018, che il dittatore celebra come un «evento mitico» ma che vide in realtà morire oltre 320 persone, la maggior parte delle quali civili uccisi dalla polizia e dai paramilitari filo-orteguisti. Da allora, il Parlamento di Managua controllato quasi militarmente da Ortega ha approvato tutta una serie di leggi restrittive volte a sopprimere la società civile, estendendo la custodia cautelare a 90 giorni e rendendo più facile arrestare chiunque pronunci discorsi o svolga attività sgradite al presidente-dittatore. E così oggi tutti coloro che avrebbero potuto sfidare Ortega alle elezioni con buone possibilità di sconfiggerlo (lui ha appena uno zoccolo duro del 25 per cento degli elettori dalla sua parte secondo tutti i sondaggi indipendenti) sono fuori gioco perché dietro le sbarre.

Tutti arrestati sulla base di assurde leggi che invocano fantomatici «tradimenti alla patria» e che Ortega usa contro i suoi rivali come una clava. Chi volesse provare a iscriversi alle elezioni farsa del Nicaragua può comunque farlo sino al prossimo 2 agosto ma, al momento, tutti i nomi importanti sono in galera, parecchi scomparsi o, nella migliore delle ipotesi, ai domiciliari come Vidaurre e Cristiana Chamorro. Tutti senza avvocati difensori né visite da familiari, come Félix Maradiaga, altro candidato silenziato a forza da Ortega anche se, al suo posto, parla la moglie Berta Valle, giornalista televisiva che ieri ha denunciato al think-tank Usa Wilson Center la drammatica situazione del suo Paese. «Ortega vuole rimanere al potere per sempre e sta seguendo la stessa strategia di Cuba o del Venezuela. In Nicaragua stanno violando tutti i tipi di legge e non c'è uno stato di diritto. Come possiamo discutere di elezioni libere ed eque quando sette candidati sono in prigione solo perché volevano battere Ortega?». Per Berta l'ondata di arresti «dimostra solo quanto il dittatore sia debole».

Intanto in carcere è finito negli ultimi giorni anche Lesther Alemán, ex leader studentesco, e molti dei principali leader rivoluzionari sandinisti al fianco di Ortega nel 1979.

In galera e desaparecido da qualche giorno pure il sandinista Víctor Hugo Tinoco, il leader del movimento politico Unamos nonché ex viceministro degli Esteri ed ex ambasciatore del Nicaragua alle Nazioni Unite. Daniel non ha pietà di 320 morti fatti ammazzare da lui, figurarsi dei suoi ex alleati.

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