Matteo Renzi supera lo scoglio della prima fiducia sull'Italicum. Il premier continua a vincere la sua partita interna contro la minoranza giocando all'attacco e puntando sulle divisioni dell'avversario ma la frattura sancita oggi, secondo molti, segna una frattura indelebile che segnerà il resto della legislatura. Sono 38 i dissidenti che escono dall'Aula e tra questi i meno in vista dicono: "tra di noi c'è chi pesa di più e chi di meno", alludendo ai nomi di Enrico Letta, Pier Luigi Bersani, Roberto Speranza e Gianni Cuperlo.
Questi ultimi due sono i veri sconfitti della giornata perché la maggioranza degli aderenti alle loro correnti hanno votato in maniera difforme rispetto alle loro indicazioni. A seguire Speranza sono rimasti solo una quindicina di deputati mentre altri 50 hanno firmato un documento in cui annunciavano che avrebbero votato la fiducia e sono stati definiti in modo sprezzante "responsabili", richiamando ai vari Scilipoti e Razzi. Uno dei 38 dissidenti dice: "è chiaro che una parte della minoranza oggi è diventata maggioranza", mentre altri sostengono maliziosamente che è possibile che "i leali" al governo, come contropartita, possano esprimere il nuovo capogruppo. Anche i civatiani hanno lasciato solo il loro capocorrente nella lotta contro Renzi. È lo stesso Civati a dire che lui "non ha mai controllato i suoi" e nel pomeriggio ha scritto un post in cui ha ribadito quanto già detto mesi fa, ovvero che non si ricandiderà con il Pd "se le cose rimarranno come sono" aggiungendo: "E le cose stanno pure peggiorando". Il problema per il deputato monzese è che "il Pd di spappolarsi e che la minoranza non ha nessuno da contrapporre a Renzi ma è ormai inevitabile che alcuni se ne andranno".
Sullo sfondo c'è sempre l'ipotesi della formazione di gruppi autonomi a cui, però, se va bene, aderiranno la metà di coloro che hanno negato la fiducia al governo. Per il momento la scissione è esclusa, ma il Parlamento si prepara a essere luogo di imboscate. È ancora cocente la "fregatura" sui decreti attuativi del jobs act e la minoranza d'ora in poi non intende essere troppo indulgente, soprattutto sulla riforma della scuola che sarà la prossima prova di fuoco per il governo. "Oggi si è consumata una frattura che avrà conseguenze, ora Renzi dovrà negoziare davvero. Nessun voto sarà automaticamente a suo favore solo perché è il capo del Pd", rivela un esponente di spicco della minoranza. Paradossalmente i deputati della minoranza che non faranno mai la scissione saranno più pericolosi di chi la farà. Si pongono lo scopo di essere una spina nel fianco di Renzi dentro il Pd e dentro la maggioranza per tutti i prossimi provvedimenti del governo.
La vecchia guardia si vuole riprendere il partito e non esclude che a guidare la battaglia per il congresso del 2017 possa essere Enrico Letta. La stessa Rosy Bindi, oggi, trionfante dichiarava: "Nel Pd è rinato l'Ulivo". Quella ulivista, spiega la Bindi, non è una tentazione ma "per me una virtù mai sopita a cui io non ho mai rinunciato".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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