Gli occupati in Italia stanno aumentando, grazie alle vaccinazioni, che facilitano la ripresa economica. Ma non ci dobbiamo illudere: nel nostro Paese ci sono ancora 735mila occupati in meno rispetto al 2019 e il tasso di disoccupazione è pari al 10 per cento. L'occupazione è eguale a quella del 1997. Il mercato del lavoro è ingessato, da un eccesso di tasse e regolamenti, che hanno toccato il livello massimo con il Decreto Dignità.
Per risolvere la situazione occorre deregolamentare il mercato del lavoro, ispirandosi alla Legge Biagi e aggiungendo i contratti di produttività. Solo così il Paese arriverà a un mercato davvero flessibile e in grado di accompagnare l'evoluzione della domanda e offerta di lavoro nei diversi settori nel post Covid. Occorre poi, oltre ad accelerare sulle vaccinazioni, adottare i principi del Recovery fund su tutte le opere pubbliche e abbassare le tasse.
Vale la pena ricordare che in Italia il tasso di disoccupazione strutturale poco prima della pandemia era attorno al 9%. Il mercato del lavoro dal 1996 in poi è stato sempre ingessato, con una disoccupazione strutturale al 7-8%, complici le invasive tassazioni e regolamentazioni del mercato del lavoro stabilite dai governi della sinistra, da Prodi in poi, nonché dal potere sindacale dominante, dalle regolamentazioni dell'economia e dal potere giustizialista che bloccavano gli investimenti. Poca libertà dei contratti e nei contratti di lavoro, con un modello che si può definire «neo-corporativo» e fiscalista. Questo salvo un periodo in cui il governo Berlusconi ridusse la disoccupazione al 6-6,5%, mediante la legge Biagi sui contratti parasubordinati, lo sblocco degli investimenti con la legge Obbiettivo e la mitigazione della tassazione della casa. Ma i governi Berlusconi sono stati bloccati dal giustizialismo.
Oltre all'impatto della crisi del Covid sulle nostre imprese, una chiave che aiuta a decriptare la debolezza dell'occupazione è il boom del Reddito di cittadinanza, che ha reso più conveniente non cercare un impiego regolare, essere ufficialmente disoccupati e lavorare in nero. Il numero di famiglie italiane che fruiscono del reddito di cittadinanza sono circa 3 milioni, cui si aggiungono più di 300mila titolari di pensioni di cittadinanza. Nel Sud ce ne sono ben 2 milioni. E ovviamente ciò spiega il successo dei pentastellati nel Mezzogiorno. Ma ora ce ne è un milione anche nel Centro-Nord: 580mila nel Nord e 420mila nell'Italia Centrale.
Considerando una famiglia media di persone, il reddito di cittadinanza dà circa mille auro al mese. Così nelle località turistiche del Centro Nord manca il personale per i servizi connessi al turismo.
E quando l'Istat dice che i consumi delle famiglie si sono ridotti del 10%, fornisce la stima dei consumi ufficiali, a cui si aggiungono quelli in nero, generati dal reddito di cittadinanza, dalla fiscalità e dal mercato del lavoro ingessato. Ecco perché abolire il reddito di cittadinanza è il primo passo per ripartire il Paese.
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