Il Papa alla veglia tra una marea di giovani: «Il Signore tocchi il cuore dei terroristi»

Francesco sull'Isis: «Non si vince l'odio con più odio, niente giustifica la guerra»

Mariateresa Conti

Prega «per tutti coloro che sono morti come vittime di brutali attacchi terroristici» della guerra. Ma prega anche per i terroristi, perché Dio tocchi i loro cuori: «Non si vince l'odio con più odio, niente giustifica la guerra». E affida ai giovani, un milione e 600mila secondo gli organizzatori quelli che ieri sera a Cracovia hanno pregato con lui nella Veglia finale, il compito di dare l'esempio agli adulti: «Abbiate il coraggio di insegnarci che è più facile costruire ponti che innalzare muri. Fatelo qui adesso questo ponte primordiale, e datevi la mano. È il grande ponte fraterno, e possano imparare a farlo i grandi di questo mondo».

È una grande preghiera collettiva quella che Papa Francesco pronuncia in un Campus Misericordiae gremito dall'oltre un milione di giovani arrivati da tutto il mondo per la Giornata mondiale della gioventù. L'orrore della guerra Francesco ha toccato con mano in questo pellegrinaggio polacco: quello del passato, con la visita ad Auschwitz, e quello di oggi, coi racconti dei giovani arrivati da zone di guerra come la Siria, che ha ascoltato. «Basta città dimenticate», promette ai ragazzi di Aleppo che gli hanno inviato un video. Prega per le vittime, il pontefice. Ma non solo: «Tocca i cuori dei terroristi - invoca, e scrive anche - affinché riconoscano il male delle loro azioni e tornino sulla via della pace e del bene, del rispetto della vita e della dignità di ogni uomo indipendentemente dalla religione, dalla provenienza, dalla ricchezza e dalla povertà. Veniamo a te per chiederti di conservare il mondo e i suoi abitanti nella pace, di allontanare da esso l'ondata devastante del terrorismo».

È ai giovani, coi quali ha anche pranzato e scherzato concedendosi a selfie e battute, che Papa Francesco affida il compito di costruttori di pace. Li esorta, con metafora calcistica, a fare squadra, mettendoli anche in guardia dal rischio di «scambiare la felicità con un divano. Questo tempo - sprona - accetta solo giocatori titolari in campo, non c'è posto per riserve», esorta. Quindi il monito a non essere «giovani-divano» ma giovani con le scarpe, impegnati in prima linea. Perché il mondo chiede «di essere protagonisti della storia perché la vita è bella sempre che vogliamo viverla e lasciare un'impronta. Gesù ti chiama a lasciare la tua impronta nella storia».

Un invito, quello a non chiudersi nel proprio guscio e a non guardare gli orrori del mondo da dietro uno schermo tv, che Papa Francesco estende anche a cardinali, vescovi e sacerdoti polacchi incontrati in mattinata, nel santuario intitolato a San Giovanni Paolo II: «Nella nostra vita di sacerdoti e

consacrati - ha rimarcato - la tentazione di rimanere un po' rinchiusi, per timore o per comodità, in noi stessi e nei nostri ambiti. Ma Gesù manda. Lui desidera, fin dall'inizio che la Chiesa sia in uscita, vada nel mondo».

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