La partita della Lega per sottrarre voti alla Meloni

Salvini fermo sul no: meglio i Btp. E scarica la palla su Fdi. Il caso del "draghiano" Giorgetti

La partita della Lega per sottrarre voti alla Meloni
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Sulla ratifica del Mes la Lega si gioca una carta utile in vista delle elezioni europee della prossima primavera. La posizione ufficiale del partito è sempre stata contraria, e Salvini intende mantenere questa linea per marcare lo spazio politico «euroscettico», lo stesso che ha cavalcato la Meloni nella fase da opposizione al governo Draghi e che le ha fruttato consenso. «Continuo a ritenere che il Mes non sia uno strumento utile al Paese», ribadisce in serata a Porta a Porta. Ora che la Meloni non è più leader dell'opposizione, ma premier, al lavoro per accreditarsi nelle cancellerie europee come partner affidabile e atlantista, la Lega ha più gioco di lei nella partita Mes. C'è però la questione Giorgetti, il leghista «draghiano» che guida il Tesoro con un occhio alla Lega ma con un altro anche alle aspettative di Bruxelles (e del Quirinale). Il parere positivo sul Mef firmato dal suo capo di gabinetto nella lettera alla commissione Esteri è considerato una spia della linea possibilista di Giorgetti, diversamente dal no netto di Salvini. Chi parla con il ministro del Tesoro assicura invece che Giorgetti sia sulle stesse posizioni di Salvini, e che i giudizi contenuti nel parere dato alla commissione Esteri (che lo aveva chiesto) non sono certo una valutazione politica sull'opportunità di aderire al Mes, ma semplicemente una spiegazione tecnica delle conseguenze che avrebbe il no dell'Italia, in particolare sul debito pubblico. La stessa distinzione tra i due piani che infatti sostiene il leader della Lega. «Quella del ministero dell'Economia è un'opinione tecnica. Tecnicamente uno può fare i conti per quello che è il bilancio pubblico, poi politicamente tutto il centrodestra, dalla Meloni al sottoscritto, ha sempre ritenuto che in questo momento il Mes non è strumento utile per il paese» spiega il vicepremier Salvini. «Ieri ero a pranzo con Giorgetti. Abbiamo parlato di questo è di tanto altro e siamo in perfetta sintonia». Quella del Mef è «una risposta tecnica. Giorgetti è un politico, come lo sono io, e se arriverà in Parlamento lo voteremo in modo politico. In questo momento, io preferisco che il debito pubblico italiano sia in mano agli italiani e i Btp che hanno raccolto 18 miliardi di investimenti di piccoli risparmiatori italiani sono quella che è la via del futuro. Io preferisco che il debito pubblico del mio paese con cui faccio le metropolitane sia in mano ai risparmiatori italiani e non in mano a soggetti esteri che poi possono decidere cosa fare. Quindi, è la risposta tecnica, quando arriverà e se arriverà il voto in Parlamento la Lega voterà come ha sempre dichiarato». Che la questione però sia più complicata di così lo dimostra il fatto che ieri in commissione la Lega, come tutta la maggioranza, non ha votato contro il testo base sul Mes, non ha proprio partecipato al voto. Il prossimo appuntamento sarà l'aula, il 30 giugno, ma il tentativo in atto è quello di rinviare. La Lega è intenzionata a tenere la barra sul no e rimbalzare la palla alla premier. «Seguiamo la linea Meloni» fanno sapere fonti vicine a Salvini. Come dire: tocca a lei sbrogliare la matassa. La Lega vuole essere di governo e di lotta. «La posizione della Lega è stata sempre molto chiara. Il Mes non va ratificato. Il ministero dell'Economia fa il ministero dell'Economia e dice una cosa ovvia. Un conto è la posizione tecnica, un conto è la politica» conferma il capogruppo leghista Riccardo Molinari. Ma, al di là delle posizioni politiche, rigettare il Mes sarebbe molto difficile per l'Italia. Altro conto è contrattare con l'Europa una serie di modifiche, dopo la ratifica.

Cosa che l'Ue si è già detta disponibile a fare. Gli occhi sono puntati su Roma. Il dibattito in corso in Italia sul Mes «è seguito» dalle istituzioni Ue «con attenzione» riferiscono fonti europee, interpellate dall'Ansa.

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