Da oggi i guariti non dovranno più mettersi in fila dal medico per ottenere il certificato che attesti la fine della malattia necessario anche per riattivare il green pass. Il tracciamento è saltato e con il caos nelle registrazioni dei dati e nelle aziende sanitarie, il ministero alla Salute ha deciso di velocizzare l'uscita dall'isolamento per non rischiare di tenere bloccate le persone. E soprattutto per sollevare i medici dalle centinaia di chiamate ogni giorno da parte di positivi che necessitano di un molecolare. Da oggi basterà l'esito negativo di un test antigenico per far sbloccare automaticamente il green pass che era stato bloccato dal precedente risultato positivo.
Finora il medico di base doveva inserire nella piattaforma il certificato di guarigione, adesso i tecnici hanno modificato gli algoritmi del sistema informatico in modo che sulla piattaforma nazionale venga registrato in tempo reale il cambio di condizione e non ci siano ritardi nel rilascio della certificazione verde. E viene anche precisato dal ministero che «il tampone negativo cartaceo è valido ai fini della certificazione di guarigione». L'aggiornamento della procedura dovrebbe diventare operativo in queste ore. Le regole attuali prevedono comunque che l'isolamento duri una settimana, e se negli ultimi tre giorni il positivo non ha sintomi con un tampone negativo possa venire certificata la condizione di guarito. Il green pass di guarigione è necessario anche per il rientro al lavoro. Ma qui tocca al medico competente del datore decidere se accettare il nuovo certificato verde basato su un test rapido per far rientrare il dipendente dopo il periodo di malattia. In via teorica potrebbe anche chiedere una certificazione aggiuntiva, che però richiederebbe un intervento della Asl o del medico di famiglia, che rischierebbe però di ritardare il rientro al lavoro.
Ma è proprio sull'efficacia del tampone rapido antigenico, quello che ora dovrebbe sostituire il certificato di guarigione, che in queste settimane stanno crescendo le incognite. Solo che ora a sollevare dubbi e mettere in discussione la bontà delle scelte del ministero della Salute sono gli stessi scienziati dell'esecutivo, come Guido Rasi, consulente del commissario all'emergenza Covid Figliuolo: «Con la variante Omicron destinata a diventare predominante, i tamponi antigenici rapidi rischiano di diventare inutili. La nuova versione del virus Sars-CoV-2 sembra in grado di sfuggire con maggior frequenza ai test diagnostici oggi più utilizzati. Dati preliminari indicano che circa il 40% delle persone positive alla variante Omicron può risultare negativo ai test rapidi, quasi 1 su 2. Ora più che mai - continua Rasi - è fondamentale che gli operatori sanitari continuino a tenersi aggiornati sull'evoluzione del virus e delle nostre conoscenze sia in campo diagnostico che terapeutico».
La perdita di affidabilità dei test rapidi potrebbe rendere ancora più complicato il tracciamento, dice ancora Rasi: «Spero siano presto
disponibili test rapidi aggiornati ed attendibili per la omicron, ma nel frattempo è necessario alzare la guardia. In questo contesto, il ruolo degli operatori sanitari sarà ancora più centrale nella valutazione dei pazienti».
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