Le azioni di Israele contro i palestinesi riceveranno una risposta dagli alleati dell'Iran e Israele dovrà sopportarne le conseguenze. Queste parole del ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian, sembrano cucite su misura su una strategia che moltiplicherà l'escalation.
Si torna al punto di partenza, ovvero all'asse tra i macro fiancheggiatori di Hezbollah, che rivendica di aver attaccato, per raccontare le mosse diplomatiche con sullo sfondo il più grave conflitto tra Hamas e Israele. Ieri il vertice di Beirut tra il ministro degli Esteri iraniano e il numero uno del gruppo armato libanese, Sayyed Hassan Nasrallah, ha solo confermato ciò che è noto: ovvero che l'Iran (e potenzialmente anche i suoi alleati storici) si prepara all'allargamento del conflitto. Per questa ragione avverte che la guerra potrebbe diffondersi se il bombardamento israeliano su Gaza dovesse continuare, cosa che non potrà venir meno dal momento che Tel Aviv deve difendersi.
Un gioco di specchi, dunque, con l'Iran che sostiene Hamas e che ha lodato l'attacco contro Israele, ma che ha poi negato qualsiasi coinvolgimento diretto. Al vertice erano presenti anche il primo ministro ad interim Najib Mikati e il ministro degli Esteri ad interim Abdallah Bouhabib e Amirabdollahian ha spinto sul tasto della propaganda dichiarando che Israele sta commettendo «crimini di guerra» a Gaza, mentre Ankara definisce inaccettabile l'appello di Israele all'evacuazione dei civili di Gaza. A confine nel sud del Libano, intanto, si registrano attacchi da parte di Israele, con la difesa libanese che accusa Tel Aviv di un «tentativo di infiltrazione».
Riad, da parte sua, cambia linea. L'Arabia Saudita sta congelando i piani sostenuti dagli Stati Uniti per normalizzare i legami con Israele. Lo hanno detto due fonti alla Reuters, segnalando un rapido ripensamento delle priorità del Regno in politica estera. Il conflitto ha anche spinto Riad a impegnarsi con l'Iran: il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha infatti ricevuto la sua prima telefonata dal presidente iraniano Ebrahim Raisi, mentre il Regno cerca di prevenire un'ondata di violenza nella regione.
Pechino e Mosca studiano le prossime mosse, in tandem, così come accaduto dopo l'invasione russa dell'Ucraina. Per la seconda volta in un anno e mezzo Xi Jinping vede un suo alleato storico appoggiare una guerra: anche oggi con Hamas, così come ieri con la Russia, la Cina dinanzi a un conflitto invia un messaggio debole contro chi attacca, celando l'intenzione in prospettiva di sostituirsi agli Stati Uniti come player globale in quella macro area.
Dopo l'iniziale silenzio, Vladimir Putin ha messo l'accento solo ieri sulle responsabilità di Israele e degli Stati Uniti, ma senza entrare nel merito dell'asse Hamas-Iran, aggiungendo che un'offensiva di terra israeliana a Gaza comporterebbe un livello di vittime civili che sarebbe «assolutamente inaccettabile».
Troppo forti gli interessi del Cremlino in Israele che potrebbero essere compromessi, in un momento in cui Mosca non può permettersi altre battute d'arresto economiche e commerciali proprio mentre ha grosse spese alla voce «Ucraina».
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