La paura di perdere le commesse con Pechino

Per Berlino e Parigi, seguire gli States significa rinunciare a miliardi di entrate

La paura di perdere le commesse con Pechino

Tutti insieme appassionatamente contro la nuova minaccia cinese. Per scoprire la verità sul Covid, mettere i paletti alla Nuova Via della Seta e bloccare il genocidio degli Uighuri. Le parole d'ordine lanciate da Joe Biden sono sicuramente suggestive, ma forse non altrettanto coesive. Almeno non per tutti gli europei. Un handicap non da poco per un'amministrazione democratica ritrovatasi a fare i conti - dietro le quinte del G7 - con la riluttanza di due pesi massimi come Germania e Francia. Non che l'eventualità non fosse prevista. Biden fa i conti con la riluttanza europea. Alla fine di dicembre assistette al tentativo franco-tedesco di chiudere l'accordo sugli investimenti con la Cina. L'accordo minacciava di vanificare tutte le misure anti-Dragone imposte dagli Usa e fu bloccato solo dopo le energiche proteste dell'amministrazione entrante. Ma dietro quel macigno si nascondono non solo i dubbi di Parigi e Berlino, ma anche quelli di altri europei.

Le ragioni principali sono economiche. Per Berlino e Parigi seguire Washington significa rinunciare a miliardi di commesse cinesi senza in cambio la garanzia di salire su un carro destinato a segnare i solchi della politica internazionale per un tempo sufficiente a compensare le perdite. Per Francia e Germania, insomma, le mancate vendite di automobili o Airbus sul mercato cinese sono giustificabili solo se il nuovo ordine mondiale disegnato da Biden durassero almeno un decennio. Mentre diventerebbero un harakiri se il tutto non durasse oltre l'attuale mandato presidenziale. Cotanto pragmatismo fa a pugni con i continui quanto formali richiami di Bruxelles al rispetto dei diritti umani, ma si basa su due constatazioni non proprio insignificanti.

La prima riguarda l'età di Biden. I 78 anni del presidente ben difficilmente gli consentiranno un secondo mandato. E, quel che è peggio, la vice presidente Kamala Harris, dipinta come il suo erede politico non sembra - a giudicare dalle recenti uscite sull'immigrazione - la scelta più lungimirante. Su una nuova vittoria democratica scommettono in pochi. A tutto questo si aggiungono vanità e debolezze di Emmanuel Macron, il cui eccessivo allineamento con Washington rischia di favorire Marine Le Pen alle presidenziali del 2022. La sfrenata voglia di competizione dell'Eliseo è già emersa ad aprile quando, alla vigilia del summit sul clima voluto dal presidente americano, Macron organizzò una videoconferenza a tre sullo stesso argomento con Angela Merkel e il presidente cinese Xi Jinping. Interferenza reiterata a maggio sul cessate il fuoco tra Israele e Hamas.

Insomma attenzione,

Joe Biden ha buone probabilità di vincere la battaglia sul comunicato finale del G7, ma anche di scoprire, da qui a qualche mese, che Francia, Germania e altri alleati europei hanno già abbandonato la crociata anti-cinese.

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