Faide interne, insulti e caos: il Pd è entrato nella fase 2

Finita la pax zingarettiana. Scontro di fuoco tra Gori e Orlando sulle percentuali di consenso del Pd. L'alleanza col M5s agita i dem

Faide interne, insulti e caos: il Pd è entrato nella fase 2

“Serve una nuova leadership”. Le parole del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, hanno scosso il Pd dopo una lunga ‘pax zingarettiana’, favorita anche dalla nascita del governo giallorosso.

La lite tra Giorgio Gori e Andrea Orlando

Mentre Bergamo non è ancora ufficialmente uscita dall’emergenza, il suo primo cittadino parte all’attacco del segretario Nicola Zingaretti. “Vedo molti limiti nella conduzione dell’attuale Pd e per questo mi piacerebbe più concreto, più coinvolto a promuovere le riforme che servirebbero al Paese”, ha detto Gori. “E questa cosa deve anche trovare una nuova leadership e lo dico avendo molta simpatia e lealtà nei confronti dell’attuale segretario del Pd”, ha aggiunto il sindaco di Bergamo, pensando evidentemente al governatore Stefano Bonaccini che, galvanizzato dalla vittoria in Emilia Romagna, punta a un ruolo nazionale. Il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, ha risposto con un tweet al veleno:"È scritto nei manuali. Se dopo una pandemia (forse non ancora conclusa) nel pieno di una crisi economica e dopo due scissioni un partito riesce quasi a raggiungere la principale forza avversaria la cosa migliore da fare è una discussione su un congresso che non c'è. #astuzia". Gori, dal canto suo non ha perso tempo e ha replicato in modo altrettanto pungente: ​"L'ultimo sondaggio SWG dà il Pd al 19% - ha scritto su Twitter - 4 punti sotto le Europee, al livello del disastroso risultato del marzo 2018, il peggiore di sempre. Nel frattempo la destra si è rimescolata (ma è sempre vicina al 50%). I 5Stelle si sono dimezzati. Ma il Pd non ha guadagnato nulla. Vedi tu...". Nel giro di pochi minuti è arrivata la controreplica di Orlando: "Comunque vedrai dopo questo dibattito aperto cosi'(c'è stata una direzione pochi giorni fa) e in questo momento (nel pieno della manovra economica più difficile della storia recente) che balzo in avanti!".

Il gotha del Pd difende Zingaretti

È stata molto dura e netta anche la posizione assunta dal capodelegazione del Pd, il ministro Dario Franceschini che ha detto: “Ho letto questa interessante proposta di Gori che dice che al Pd serve un leader che sia un amministratore. Magari un Presidente di Regione? Magari di una grande Regione? Magari che non venga nominato ma vinca le primarie con il 70%?". Secondo Franceschini “il segretario con queste caratteristiche l’abbiamo già e il mandato di Zingaretti scadrà tra tre anni. Quindi porti pazienza e non apra inutili tensioni in un momento come questo di unità nel partito". Goffredo Bettini, fedelissimo del segretario, in un'intervista a Repubblica, ha contestato Gori per aver sbagliato la tempistica delle sue dichiarazioni e ha sottolineato:"Zingaretti ha preso il Pd con i sondaggi al 15%, diviso, senza linea politica e antipatico alla gran parte degli italiani. Lo ha unito, rafforzato elettoralmente e ne ha fatto il pilastro di un governo che ha emarginato la destra sovranista e affrontato finora la pandemia con dignità e serietà".

La posizione di Base Riformista

Ma questa bordata di Gori contro il segretario non è piaciuta nemmeno agli ex renziani di Base Riformista, corrente guidata dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini e da Luca Lotti, l’ex braccio destro di Matteo Renzi a cui il sindaco di Bergamo guarda con interesse. Il loro portavoce, Andrea Romano, dopo aver ribadito che ora la priorità è la crisi economica, ha puntualizzato: "Zingaretti ha ricevuto un mandato pieno, che sta interpretando nel segno del pluralismo delle idee e dell'unitarietà di tutte le sensibilità culturali presenti nel Pd. Una unitarietà per la quale Base Riformista si è sempre battuta, con le proprie idee e le proprie personalità, e per la quale è stata decisiva in tutti i passaggi”. Anche il sindaco di Pesaro, l’ex renziano Matteo Ricci, ha preso le distanze dal suo omologo: "Il Partito Democratico ha una leadership solida e autorevole e Nicola Zingaretti sta dando grande spazio agli amministratori. Dobbiamo essere una squadra unita in questo momento complicatissimo. I sindaci saranno sempre più in prima linea a fianco di Nicola per rafforzare il campo riformista".

Il Pd diviso sui rapporti col M5S

Non la pensa così il senatore Tommaso Nannicini secondo cui: “il congresso del 2019 appartiene ormai alla preistoria” e “sebbene la discussione possa sembrare prematura, il tema è legato a quale linea politica debba darsi il Pd". Ed è proprio sui temi che, in queste ultime settimane i democratici hanno fatto sentire la loro voce con più forza. Dagli Stati Generali, indetti a loro insaputa dal premier Giuseppe Conte al ‘caso Regeni’ fino alla richiesta di affrontare il tema immigrazione. Su questo ilGiornale.it ha interpellato la deputata Giuditta Pini, dem vicina alla corrente dei Giovani Turchi di Matteo Orfini che spiega: “Il dibattito sui decreti sicurezza, lo ius culturae e la questione libica sono temi che avevamo affrontato già in un’assemblea a Bologna. Ora dobbiamo capire se quello che viene deciso in queste sedi, poi, viene seguito ed è conseguente nelle azioni che il Pd porta al governo, consapevoli del fatto che con i Cinquestelle bisogna mediare su tanti temi”. Pare evidente che la prospettiva di un’alleanza organica con i grillini non piaccia: “Io continuo a pensare che siamo alternativi al M5S - dice l’orfiniana Pini – e dell’alleanza strutturale con i grillini vorrei discuterne nelle sedi opportune. Sono convinta che nei nostri circoli e tra i tesserati le opinioni siano un po’ diverse rispetto a quelle che, a volte, emergono nel dibattito nazionale”.

Di diverso avviso è Piero Fassino che, intercettato telefonicamente, non si sbilancia a fare previsioni su una possibile alleanza strutturale col M5S, ma ci spiega: “In questa esperienza non c’è dubbio che il M5S sta maturando un’evoluzione politica perché sull’Europa c’è un atteggiamento molto più disponibile e attento, meno fondato sui pregiudizi rispetto a un anno fa”. E ancora: “Più si va avanti e più il M5S esce dall’identità di puro movimento di contestazione per diventare un partito che ha responsabilità di governo e noi spingiamo affinché il M5S assuma una cultura di governo che noi abbiamo naturalmente”.

Stefano Ceccanti, invece, mette in guardia: “Il Pd ha una gestione unitaria, ma ‘l’esterno’ condiziona ‘l’interno’. Finché il Pd è compatto sul Mes e sulla prosecuzione del governo, i prossimi appuntamenti interni saranno pacifici”.

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