Quella voce che serpeggia: "Cinque renziani pronti a tradire"

Se ieri il premier Giuseppe Conte è dovuto salire al Colle per ammettere di avere ancora i numeri sufficienti per formare un nuovo esecutivo, oggi il Pd ha cominciato l'opera di scouting tra i renziani

Quella voce che serpeggia: "Cinque renziani pronti a tradire"

Quelli che un tempo erano responsabili, oggi sono costruttori. Cambiano i tempi e cambiano le formule, ma la sostanza resta sempre la stessa: la maggioranza in Senato è appesa ai voti di una decina di peones che, di volta in volta, decidono le sorti dei governi.

Se ieri il premier Giuseppe Conte è dovuto salire al Colle per ammettere di avere ancora i numeri sufficienti per formare un nuovo esecutivo, oggi vi è ritornato per assumere le deleghe delle ministre di Italia Viva, sempre più convinto di poter fare a meno dei renziani. Il Pd e il M5S sembrano, infatti, fatto quadrato attorno all' 'avvocato del Popolo'. A dettar la linea sono stati Luigi Di Maio da una parte, e Dario Franceschini dall'altra. Il ministro degli Esteri si è rivolto “a tutti i costruttori europei che, come questo Governo, in Parlamento nutrono la volontà di dare all’Italia la sua opportunità di ripresa e di riscatto”, mentre il capodelegazione del Pd ha detto: "Non c'è niente di male nel dialogare apertamente e alla luce del sole con forze politiche disponibili a sostenere un governo europeista in grado di gestire l'emergenza sanitaria, il recovery e di approvare una legge elettorale su base proporzionale".

Al governo giallorosso, fino a ieri, mancavano 4-5 senatori per diventare 'autosufficiente' dai renziani e, oggi, il Pd ha affilato i coltelli con l'obiettivo di trovare i voti mancanti proprio tra le file di Italia Viva. Secondo le nostre fonti, infatti, sarebbero proprio 4 o 5 i senatori disposti a tradire Matteo Renzi, anche se da Italia Viva ci assicurano: “Noi non controlliamo nessuno, ma non siamo dei kamikaze e non temiamo le urne. Noi, a differenza dei grillini, un lavoro ce l'abbiamo tutti...”. Al di là delle smentite di rito, però, ci sono dei senatori che si stanno già smarcando dal proprio leader, come Donatella Conzatti che, interpellata dall'Adnkronos, dice: "Confermo che Italia Viva è una comunità politica coesa e che rimaniamo disponibili ad un accordo di legislatura". Il senatore socialista Riccardo Nencini, che aveva concesso la possibilità ai renziani di formare il gruppo in Senato grazie al simbolo del Psi, nel giro di poche ore ha cambiato radicalmente idea. Se stamane, interpellato dall'Adnkronos, Nencini smentiva di essere stato avvicinato da Mastella e definiva “fantasiose” e “fondate sul nulla” le ricostruzioni di una possibile rottura con Renzi, nel pomeriggio i socialisti ha diffuso una nota di tutt'altro tenore.

"Avessimo un centro destra a trazione berlusconiana, l'ideale sarebbe un Esecutivo di rinascita da oggi a fine legislatura. Gettare le fondamenta della nuova Italia, come avvenne tra il 1944 e il 1947, per affidarsi poi alla sfida elettorale. Non è così, non con Salvini e Meloni che inneggiano a Trump e ritengono l'Europa un pericoloso accidente. Chi ha maggiori responsabilità è chiamato ad esercitarle fuoriuscendo dalla logica dei duellanti e tenendo fermo il richiamo del Presidente della Repubblica. Noi siamo tra i costruttori”, si legge nella nota congiunta del senatore Nencini e del segretario del Psi Enzo Maraio. Certo è che, ormai, nel Pd , la parola 'responsabile' è stato completamente sdoganata.“Nel passato -ha spiegato oggi Franceschini - il termine responsabili indicava una negatività, non è più così: non siamo più in un sistema bipolare con due poli e due candidati premier in cui il cambio di schieramento veniva giustamente classificato come ribaltone. Siamo in un sistema parlamentare in cui le maggioranze di governo si cercano in parlamento, apertamente, alla luce del sole e senza vergognarsene. E così sarà anche questa volta". A questo punto, non resta che aspettare i nuovi avvincenti sviluppo che questa crisi ci può riservare.

Quelli che un tempo erano responsabili, oggi sono costruttori. Cambiano i tempi e cambiano le formule, ma la sostanza resta sempre la stessa: la maggioranza in Senato è appesa ai voti di una decina di peones che, di volta in volta, decidono le sorti dei governi.

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