Le Pen nei guai per gli sms degli assistenti: "Con i fondi Ue ha pagato lo staff in Francia"

Se l'inchiesta procederà, la leader potrebbe rischiare di essere ineleggibile

Le Pen nei guai per gli sms degli assistenti: "Con i fondi Ue ha pagato lo staff in Francia"

C'è l'assistente parlamentare preoccupato che «il Parlamento europeo verifichi sempre di più l'attività degli assistenti europei». «È vero? - chiede via sms Mickaël Ehrminge, collaboratore dell'ex vicepresidente del Front National, Florian Philippot - Perché, se è così, io sono nella merda. Non ho nessuna prova di lavoro. Non redigo nessuna nota europea per Flo. Non ho accesso alle sue e-mail». Poi c'è l'e-mail dell'assistente parlamentare dell'eurodeputata Mylène Troszczynski, Julien Odoul. Assunto a ottobre 2014, Odoul incontra l'eurodeputata Troszczynski, per cui lavora, solo a febbraio 2015: «È possibile venire a Strasburgo domani per vedere come si svolge una sessione del Parlamento europeo, per incontrare deputati e assistenti e conoscere Troszczynski, alla quale sono collegata?», chiede. Marine Le Pen gli risponde: «Sì certo». E poi testimonianze e documenti trovati negli uffici dei deputati.

Nelle stesse ore in cui la leader dell'ultradestra francese, Marine Le Pen, presenta all'Europarlamento il nuovo gruppo sovranista «Identità e democrazia», presieduto dal responsabile Esteri della Lega di Matteo Salvini, Marco Zanni, gli inquirenti francesi indagano il Rassemblement national (Rn) per l'uso dei fondi elargiti da Bruxelles. Il sospetto è che il partito, già dai tempi in cui era ancora «Front national», dal dicembre 2016, abbia messo in piedi un sistema per retribuire fittiziamente gli assistenti parlamentari europei con i soldi di Bruxelles anche se, di fatto, lavoravano per il partito in Francia. Un artificio per scaricare sulle istituzioni europee le spese che invece avrebbe dovuto sostenere il partito. Un paradosso per la leader che accusa la Ue di essere un gigante mangia-soldi, un elefante di burocrazia, e che invece spremerebbe Bruxelles come una mucca per nutrire l'apparato con cui fa politica in Francia.

In base allo stesso sospetto, in realtà, i magistrati francesi hanno aperto un'indagine preliminare anche sul partito di estrema sinistra La France Insoumise e del suo leader, Jean-Luc Melanchon, mentre l'ufficio contro la corruzione finanziaria e fiscale di Parigi ha messo il naso sulla gestione dei conti del centrista MoDem.

Ma il caso di Marine Le Pen è diverso. Perché è lei la madre e mentore del sovranismo europeo di destra (sul cui terreno l'ex allievo Matteo Salvini l'ha persino superata), capace alle ultime elezioni europee, di superare, seppur di un soffio - appena 200mila preferenze - la lista di Emmanuel Macron, Renaissance, espressione del partito del presidente, La République en marche.

L'indagine è nata da una costola dell'altra inchiesta sull'uso di finti assistenti europei, per la quale il partito di casa Le Pen è già stato condannato la scorsa estate, dal Tribunale Ue, e ha dovuto restituire 300mila euro. Ma si è arricchita ora di nuovi elementi e un'inchiesta giornalistica del quotidiano Le Monde, che svela i messaggi telefonici compromettenti degli assistenti parlamentari europei del partito, sospettato «di aver messo in piedi un sistema fraudolento, che coinvolge diversi quadri del Front national». Un meccanismo attivo già dal 2012, con l'acquiescienza di Marine Le Pen, «per fare economia grazie ai finanziamenti dell'Europarlamento». Sospetti sostenuti dalle dichiarazioni agli inquirenti dell'ex deputato europeo ed ex frontista Fernand Le Rachinel: «Il Front National viveva grazie a questo sistema, usato per retribuire, tramite il Parlamento europeo, alcune persone del Rassemblement national». Con il padre e fondatore dell'allora Fn, Jean-Marie Le Pen, «che decideva», seguito a ruota, dopo la successione, dalla figlia Marine.

L'accusa di «distrazione di fondi pubblici», se confermata, comporterebbe non solo una condanna a dieci anni di prigione e un milione di euro di multa, ma anche dieci anni di ineleggibilità.

Una conseguenza politica enorme per il «primo partito di Francia» nell'Unione europea e ormai unico vero partito di opposizione a Macron. Guai non da poco per Marine Le Pen, appena rinviata a giudizio per la «diffusione di messaggi violenti» dopo aver pubblicato su Twitter, nel 2015, le immagini delle esecuzioni dell'Isis.

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