Dopo la Florida, la Pennsylvania. L'ordine non sembra affatto casuale nella scaletta di Donald Trump, che ha scelto lo Stato a sud di New York, dove è nato il suo rivale Joe Biden, come seconda tappa del suo tour elettorale post-ricovero. Con il comizio a Johnstwon, il presidente è già alla sua sesta visita da inizio settembre in Pennsylvania, lo Stato che fin qui ha battuto più volte e che Donald potrebbe tornare a visitare altre sei prima del voto cruciale del 3 novembre. Biden è stato qui sabato scorso ed era già alla undicesima visita da inizio campagna elettorale. Entrambi hanno speso più soldi in pubblicità in Pennsylvania che in tutti gli altri Stati (Florida esclusa), con Biden a quota 74 milioni di dollari e Trump a quota 50.
Non è un caso. Potrebbe essere proprio qui che si giocheranno le sorti di Usa 2020, nello Stato che Trump strappò quattro anni fa ai democratici contro le aspettate e contro i sondaggi favorevoli a Hillary Clinton. Allora il prodigio si realizzò per appena 44 mila voti su 6 milioni, con uno scarto dello 0,72% tra i due candidati, il margine più basso in 176 anni di elezioni presidenziali in Pennsylvania. Trump ce la fece in quella «Rust Belt» che un tempo, prima del declino, era il cuore industriale d'America, e che ha ancora un cuore di working class bianca pronto a battere per i democratici ma conta anche molti elettori bianchi non laureati propensi a rieleggere Trump. Un'area, quella nel Nord-Est d'America, che in questi giorni si interroga anche sul proprio futuro energetico. Andare avanti con il fracking, la tecnica di estrazione e separazione di gas naturale e petrolio che ha fatto degli Stati Uniti uno dei più grandi produttori di gas? Oppure diventare il simbolo di una nuova era ecologista, contro l'inquinamento che ha reso quest'area tra le peggiori in termini di qualità dell'aria nel Paese? Dopo aver votato Bill Clinton per due volte nel 1992 e nel 1996 e dopo aver regalato il bis a Obama nel 2008 e nel 2012, quattro anni fa gli elettori scelsero Trump. «Le vostre occupazioni nel settore energetico potrebbe sparire via se i democratici vincessero», ha detto nei giorni scorsi il presidente. Biden, invece, dopo aver promesso di mettere al bando il fracking a livello nazionale schiacciando l'occhio agli ambientalisti, per evitare un'emorragia di voti ha annunciato che in Pennsylvania non smantellerà l'attività già esistente.
Oggi come nel 2016 la partita resta aperta, nonostante i sondaggi dicano che Biden sia avanti e tra i due candidati ci sia una scarto fra i 2 e i 7 punti percentuali. Non solo la Pennsylvania si conferma Swing State, uno dei sei Stati in bilico (insieme ad Arizona, Florida, Michigan, Wisconsin e Nord Carolina) che con i suoi 20 Grandi elettori, sui 270 necessari per vincere le elezioni, potrebbe regalare a chi se li aggiudica l'ascesa alla Casa Bianca. La Pennsylvania, secondo le previsioni, è anche lo Stato che rischia, per varie ragioni, di diventare teatro del grande caos post-elezioni, come avvenne nel 2000 in Florida, quando tra riconteggi e l'intervento della Corte Suprema, Al Gore perse le presidenziali a favore di George W. Bush.
Per la prima volta con Usa 2020, lo Stato a Sud di New York ha consentito a tutti suoi elettori di poter votare per posta. Anche per questo, il conteggio rischia di richiedere ben più di un solo giorno e qualche ricorso sul voto postale è già stato presentato dagli organizzatori della campagna di Trump, mentre entrambi i partiti hanno armato fin d'ora una sfilza di avvocati per affrontare tutte le questioni legate al voto postale, dalle firme ai timbri. I repubblicani hanno fatto sapere che contesteranno ogni voto privo di timbro.
Tanto che Biden nel suo comizio di sabato a Erie si è lanciato in una minuziosa spiegazione sulla corrette procedure da adottare da parte degli elettori.Il 3 novembre potrebbe essere una lunga notte in Pennsylvania. Con contestazioni e battaglie giudiziarie a rischio di trascinarsi per giorni. Qui si potrebbe decidere il futuro della nuova America.
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