«Serve uno sforzo a tutti i livelli, dalle Regioni alle Province, alle Città metropolitane, fino ai Comuni», dice il ministro dell'Economia Daniele Franco. Il suo appello, riferito alla possibilità di centrare i 51 obiettivi del Pnrr, ha tutto il sapore di un invito urgente. Che, se non arrivasse in un clima di diffuso ottimismo sulla ripresa del paese e sugli alti numeri della crescita del Pil, apparirebbe quasi drammatico.
L'occasione è una conferenza, a Lecce, proprio sul Pnrr. In realtà Franco riprende il filo dell'assemblea di Confindustria di giovedì scorso, segnata dalla ridondante sintonia tra Mario Draghi e gli industriali, ma conclusa con il lancio del «patto», proposto da Draghi a braccio, e poi divenuto il fulcro del dibattito successivo. Cos'è, infatti, il patto che Draghi propone? È - a grandi linee - la rinuncia alle questioni ideologiche e di principio da parte dei corpi intermedi (associazioni datoriali, sindacati), nel nome della collaborazione verso obiettivi comuni. Con il governo impegnato a completare il quadro attraverso le grandi riforme (fisco, lavoro, burocrazia, concorrenza). Un patto che prevede anche la collaborazione della politica, naturalmente. E Franco batte sul chiodo perché sa che il passaggio è decisivo: tra l'euforia per l'arrivo dei primi 25 miliardi di quest'estate e il progresso del piano (che per il 2026 ne prevede quasi 200), serve quella continuità di impegno e quella puntualità che non sono mai stati dei tipici punti di forza italiani.
Per questo il ministro proveniente come Draghi dalla Banca d'Italia, che il presidente del Consiglio Draghi ha voluto al Mef facendone una sorta di proprio alter ego per le questioni economiche, finanziarie e di mercato, ha colto l'attimo per sferzare anche quei soggetti - gli enti locali - che non possono sentirsi esclusi dalla partita. Anzi, gran parte dei progetti finanziati dai fondi europei passa proprio da loro.
«Quest'anno - ricorda l'ex direttore generale di Bankitalia - cresceremo del 6%, l'anno prossimo del 4%, ma l'anno scorso abbiamo perso nove punti di Pil, l'economia va meglio, ma il vero test è sulla crescita del nostro paese dopo questa fase di recupero». Un tema che tocca la bassa crescita che ha segnato l'intero ultimo quarto di secolo per l'economia italiana. Per questo, avverte l'economista Franco, «il Pnrr non ha valore salvifico, non è bacchetta magica, ma dobbiamo attuarlo bene». E raggiungere i 51 obiettivi previsti dal piano «sarà una cosa complicata. Si devono affrontare tanti problemi, normativi e di altro tipo. Credo che tutti i ministri siano consapevoli e siano impegnati in questo. Puntiamo a farcela, ma siamo consapevoli che da qui al 2026 le difficoltà saranno enormi e serve uno sforzo a tutti i livelli, dalle Regioni alle Province, alle Città metropolitane, fino ai Comuni». Messaggio inviato.
Ma la Cgil si mette subito per traverso, lanciando un diktat proprio al governo: «Vogliamo che nella legge di Stabilità si apra una discussione per riformare le pensioni sbagliate fatte dalla Fornero, non solo Quota 100, e la riforma del fisco, che vuol dire meno tasse per lavoro dipendente e pensionati, e, dall'altra parte una vera lotta all'evasione fiscale. Ma se il governo non ci dà risposte valuteremo insieme a Cisl e Uil tutte le iniziative per portare a casa risultati», ha alzato il tiro Maurizio Landini annunciando che ribadirà la richiesta già domani quando incontrerà Draghi insieme agli altri leader sindacali. E i pentastellati hanno già rilanciato sulla necessità del salario minimo.
Concetti
confezionati ad hoc per tenere alto il confronto sul tema del lavoro, sul quale il ministro più a sinistra del Pd, Andrea Orlando, era stato chiaramente tirato in ballo da Draghi in occasione dell'assemblea di Confindustria.
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