Per passare da Quota 100 alla cosiddetta «Quota 41», ovvero la possibilità di uscita anticipata al raggiungimento del quarantunesimo anno di contribuzione e senza vincoli anagrafici, servirebbero 4,3 miliardi nel 2022 e fino a 9,2 miliardi a fine decennio. La stima di impatto della misura (ipotesi messa in campo dalla Lega per introdurre una nuova forma di flessibilità in uscita) è contenuta nella Relazione annuale dell'Inps, presentata ieri al Parlamento dal presidente Pasquale Tridico. Il numero uno dell'istituto ha ribadito di essere fiducioso «che, nel corso dell'anno, la ripresa economica in atto riporti le entrate contributive ai livelli del 2019, consentendo di superare in un solo anno gli effetti finanziari della pandemia».
La proposta «Quota 41» è la più costosa poiché impegnerebbe lo 0,4% del Pil. Un ammontare maggiore rispetto alle ipotesi alternative. L'opzione al calcolo contributivo con 64 anni di età e 36 di contributi; e un'opzione di anticipo della sola quota contributiva della pensione a 63 anni (con almeno 20 anni di contribuzione), rimanendo ferma a 67 la quota retributiva, costerebbero a regime rispettivamente 4,7 e 2,4 miliardi di euro in quanto taglierebbero consistentemente la parte dell'assegno legata alle retribuzioni. Ma l'elemento più eclatante è il sostanziale fallimento di Quota 100 che ha permesso il pensionamento anticipato di 180mila uomini e 73mila donne nel biennio 2019-20. Ma, ha sottolineato Tridico, «un analisi condotta su dati di impresa non mostra evidenza chiara di uno stimolo a maggiori assunzioni derivante dall'anticipo pensionistico». Tanto più che il rapporto tra pensionati e occupati è tra i più elevati in Europa.
Un assist perfetto per il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che ha rimarcato, durante il proprio intervento come ««il dibattito pubblico rimane troppo concentrato sulla flessibilità e sulla possibilità di anticipo dal mercato del lavoro, io penso che dovremmo concentrarci sulle prospettive che riguardano gli assegni delle nuove generazioni». Un modo come un altro per dire che il discorso sulle pensioni sarà rinviato alla fine del percorso di riforma degli ammortizzatori sociali. Ma che non soddisfa né Cgil né Cisl: La prima rifiuta qualsiasi opzione di ricalcolo contributivo delle pensioni, la seconda vorrebbe che le uscite anticipate partissero dai 62 anni di età o dai 41 anni di contribuzione, cioè l'esatto contrario di quanto sostenuto da Tridico e Orlando.
Il presidente dell'Inps ha poi sottolineato come «gli strumenti di assicurazione universale, il reddito di cittadinanza, il reddito di emergenza e la Cigs in deroga hanno rappresentato una barriera contro un drastico peggioramento della condizione di povertà e deprivazione nel periodo della crisi». Dall'inizio della pandemia ad oggi «sono stati spesi 44,5 miliardi di euro in misure di sostegno al reddito che hanno complessivamente raggiunto 15,1 milioni di cittadini».
Anche questo è stato un passaggio a favore del ministro Orlando che ha polemizzato contro la proposta renziana di un referendum per abolire il reddito di cittadinanza. «La discussione fa sospettare che si sia in procinto di attivare una pericolosa, sbagliata campagna contro i poveri e di criminalizzazione della povertà», ha detto.
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