Il peplo femminista di Dior sfila nel corpo di una donna

Chiffon rosso rubino e tutte le pietre pagane La stilista Chiuri reinventa l'abito delle dee

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Parigi «Iside, madre divina, dal velo dipinto negli innumerevoli colori dell'iride, salute a te». Queste parole tratte dalla tavola smeraldina di Ermete Trismegisto non fanno che venirci in mente durante l'indimenticabile sfilata dell'alta moda Dior della prossima estate che si svolge dentro una gigantesca figura muliebre progettata dell'artista femminista Judy Chicago e realizzata nel giardino del Museo Rodin. L'installazione resterà aperta al pubblico da oggi fino al 26 gennaio permettendo così di ammirare anche i 20 striscioni con le 10 domande in inglese e francese ricamate dalle studentesse di una scuola di ricamo indiana che sovrastano la passerella. Su uno si legge il pensiero-seme di quella che secondo noi è la più bella tra le molte magnifiche collezioni di Maria Grazia Chiuri per Dior: «Cosa succederebbe se le donne regnassero sul mondo?».

Si potrebbe continuare a lungo citando lo stendardo che recita «Potrebbe Dio essere un uomo?» oppure quello che chiede se arriveremo mai all'uguaglianza tra uomini e donne. La cosa più affascinante è vedere questa moderna interpretazione della Dea Madre, quella che «è prima e ultima, venerata e disprezzata, scandalosa e santa» tradotta in 77 sublimi modelli costruiti attorno all'idea del peplo. «Ho cercato di dargli un punto di vista diverso perché il peplo è da sempre l'abito delle dee, ma ha un classico volume a colonna che sembrava incompatibile con le costruzioni sartoriali di Dior» spiega la Chiuri. Trasformato in giacca, blusa o pannello, il peplo mantiene le sue iconiche piegoline che però s'intrecciano, s'annodano e si tuffano le une nelle altre in una perfetta esaltazione del corpo femminile. Quello stesso corpo dentro cui siedono i 700 invitati alla sfilata in passerella, diventa una specie di idolo tutto d'oro, color platino oppure bianco marmo per poi esplodere nelle preziose tinte degli ultimi abiti da sera in chiffon rosso rubiuno, viola ametista, verde tormalina e via così ritando una dopo l'altra tutte le pietre della devozione pagana. Struggente il commento finale della Chiuri che interrogata sul rapporto tra creatività e femminilità risponde: «Si pensa che il creatore sia celibe perché l'opera è suo figlio. Io invece penso che le donne siano più inclusive e abbiano innato il senso della cura. Come donna ho due figli e come creatore cerco di capire attraverso Dior il mio rapporto col corpo femminile». Diversissima eppure in qualche modo contigua la seconda alta moda di Daniel Roseberry per Schiaparelli. Il giovane designer americano stavolta indaga sul concetto di Musa partendo ovviamente da Elsa Schiaparelli, l'italiana che dominò sulla Parigi colta e intellettuale del surrealismo dando ombra alla francesissima Chanel. È senza dubbio lei la musa ispiratrice delle prime uscite con bellissimi completi pantaloni che ripropongono in modo nuovo il tema del maschile al femminile. É più difficile capire chi sia l'idolo di riferimento degli abiti da sera fastosi oltre ogni dire. Certo la profusione di gioielli applicati perfino sulla pelle delle modelle, fa pensare alla donna come a un moderno idolo di quel regno parallelo che è l'immagine. Del resto Roseberry nella sua semplicità ha già messo a segno parecchi colpi in questo senso, tipo vestire Michelle Obama con uno Schiaparelli giallo limome all'American Portrait Gala di Washington. Antonio Grimaldi più che alle dee pensa alle ninfe e costruisce una poetica collezione su queste esili figure femminili che popolano fiabe e leggende.

Nei capi è tutto un trionfo di piegoline color platino, piume che diventano piccole pochette da attaccare al braccio o un intero corpetto di piume, tagli e volumi ai confini della realtà. Il tutto senza sforzo apparente ma con l'enorme fatica del do it yourself in sartoria. Fuori dal coro anche perché si tratta di prét à porter, la collezione uomo e donna di Acne viene presentata con una doppia sfilata visibile in tempo reale grazie a uno specchio. L'idea riesce fino a un certo punto, non si capisce bene dove e cosa guardare.

Quando lo sguardo finalmente si ferma sulla passerella vede abiti in velluto devorè con un certo non so che di rinascimentale. Belli gli scolli medicei montati su una sorta di corpetto quadrato. Inspiegabili i pantaloni che finiscono sotto le scarpe e fanno inciampare ben tre modelle diverse.

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