Barcellona Martedì, il president Puigdemont (la g si pronuncia dolce), dopo lo stop della Corte Costituzionale all'assemblea plenaria di lunedì, riunirà il Parlamento catalano, non per proclamare la dichiarazione unilaterale d'indipendenza (Dui), ma per conferire con i suoi deputati sui formidabili giorni seguiti al referendum. La vexata questio, comunque, rimane aleggiante tra Madrid a Roma.
Che cosa succederà martedì che ancora non abbiamo visto?
«La situazione politica dei prossimi giorni non dipenderà da noi, come Govern catalano, ma anche e soprattutto dall'atteggiamento di Madrid e dall'atteggiamento di eventuali altri attori internazionali che potrebbero entrare come mediatori nello scenario», spiega in esclusiva da Roma a Il Giornale Luca Bellizzi, 44 anni, Delegato della Generalitat de Catalunya in Italia. «Con le ultime dichiarazioni, Puigdemont da un lato ha espresso la volontà di mettere nero su bianco che 2.262.000 di catalani hanno votato e che, quindi, il voto è valido, al contrario di quanto dice Rajoy, dall'altro vuole aprire al dialogo con una serie di proposte e con l'atteggiamento di non imporre condizioni a patto che tale atteggiamento sia bilaterale. Inoltre, quanto sarà stabilito dovrà passare necessariamente al vaglio del popolo catalano che, dimostrando grande partecipazione al referendum, si è guadagnato il diritto di essere ascoltato».
In queste ore Mas dichiara che la Catalogna non è pronta per una vera indipendenza. Che Puigdemont voglia fare dietrofront?
«Senza dimenticare i fatti di Barcellona, i tafferugli e le violenze, Puigdemont ha già espresso la volontà di tornare al dialogo».
A proposito delle violenze del 1° ottobre, vi aspettavate una reazione così inaudita delle forze di Madrid?
«Ci aspettavamo un intervento, ma non con questa violenza e brutalità e con tempi calcolatissimi: la prima ondata di cariche della polizia, alle 8.45 del mattino, ha colpito i collegi in cui votavano Puigdemont, Mas, e Junqueras perché erano presenti le telecamere che hanno mostrato le violenze all'elettorato che, impressionato, ha avuto paura di recarsi ai seggi».
Perché il dibattito per l'indipendenza non è mai iniziato nel Parlamento di Madrid?
«Nei sette anni che vanno dalla sentenza di incostituzionalità dell'Estatut, fino a oggi per diciotto volte Barcellona ha inviato a Madrid una delegazione con le proposte di referendum. La risposta di Pp e Psoe è sempre stata no. E Rajoy con quel non voglio non ha avuto la volontà di affrontare e risolvere un problema politico, nascondendosi dietro a non posso. La Costituzione, prevede il referendum, se presentato e concordato in un determinato modo. Lo conferma Miquel Roca, padre della Carta e avvocato della Casa reale».
Le aziende italiane, e spagnole, spaventate dallo
strappo, vogliono emigrare.«In Catalunya è presente l'80 per cento delle aziende italiane (circa 600, ndr) in Spagna, credo che Gentiloni debba parlare di questo con Rajoy. L'Italia potrebbe essere molto danneggiata».
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