"Pesano i troppi veti dalla Germania"

L'esperto: "Per uscire dalla crisi dei prezzi servono anni e infrastrutture"

"Pesano i troppi veti dalla Germania"

«O le conclusioni del Consiglio europeo, così come diffuse, sono un fake o non capisco dove è l'accordo». Massimo Nicolazzi sorride («In centro a Milano c'è appena stato un blackout temporaneo») poi la voce si fa seria: «L'Europa ha deciso di non decidere sul price cap - dice il docente di Economia delle fonti energetiche del Politecnico di Torino, con un passato in Eni e Lukoil - di fatto hanno dato mandato alla Commissione di riscrivere l'articolato che aveva proposto. Per la serie, devi rifare i compiti, ma in fretta».

Il documento prevede un «corridoio dinamico temporaneo» ai prezzi del gas...

«Più che corridoio dinamico, io direi corridoio cieco. O se vuole un corridoio futurista. Il cane di Balla (ride ancora...) ci starebbe benissimo. Perché l'articolo 23 comma 2 della proposta della Commissione rende impossibile o quasi introdurre il meccanismo dinamico di correzione del mercato, sottoponendolo a condizioni di quasi impossibile realizzazione e richiedendo comunque l'ok del Consiglio. In pratica la Germania, votando a favore della futura norma, si manterrebbe a livello di Consiglio la facoltà di vietarne l'applicazione. In più si lasciano i cosiddetti scambi over the counter fuori da questa piattaforma. Come dire, se il gas a prezzo cappato va deserto, lo vendo fuori».

Cosa ha pensato quest'estate quando il gas è salito a 349 euro?

«Se un mio studente universitario mi avesse detto che il picco del prezzo del gas è ad agosto l'avrei escluso anche dall'appello successivo. In realtà l'estate è stata stagione di caccia di gas per stoccaggi. Un recente non paper tedesco-olandese riconosceva esplicitamente il legame tra concorrenza per l'acquisto di gas da stoccare e il picco agostano dei prezzi».

Quando finirà la corsa?

«Ci vorranno almeno due, tre anni. Il mercato non si assesterà sino a che sarà compiuto lo switch totale dal gas russo. Perché questo avvenga, occorrerà terminare il potenziamento delle infrastrutture che nel mondo sono attualmente in fase di realizzazione o progettate. Si tratta di aumentare la capacità di liquefazione e rigassificazione. Il prossimo inverno sarà peggiore di questo, ci sono autorevoli previsioni che lo confermano».

Sarà un inverno di razionamenti?

«Il settore industriale si sta purtroppo già autorazionando ma così si rischia la desertificazione. Ma a settembre, anno su anno, il consumo di gas a uso industriale è sceso del 23% e sono visibili a tutti la chiusura di impianti e la cassa integrazione».

Ma i prezzi sono in calo...

«Stoccaggi pieni, crollo dei consumi soprattutto industriali, inverno che tarda. È persino ovvio che di fronte a queste tre condizioni i prezzi flettano. L'altra sera il gas day ahead (quindi per venerdì) all'indice Ttf era sotto i 60 euro ma contemporaneamente il future di novembre è salito di 10 euro. Corrono tutti a coprirsi per quando accenderemo il riscaldamento».

Ci sono ricette miracolose?

«Bisogna fare pain sharing, ovvero condividere il dolore e concordare gli interventi con gli altri Stati. Vedo sussidi finanziati a debito, ma non ha senso che siano generalizzati. Sulle famiglie dobbiamo decidere la soglia della povertà energetica e quali aziende non possiamo permetterci di non far produrre».

La Germania ha trovato 200 miliardi...

«Non si possono stampare soldi (sorride di nuovo) ma sussidiare per un anno le imprese energivore

tedesche dando loro gas a 7 centesimi e a 12 alle piccole e medie imprese, come ha fatto Berlino, è forse il più clamoroso aiuto di Stato nella storia della Ue. Se è così altro che mercato comune, buona concorrenza a tutti».

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