Il piano di "Giuseppi" per tornare al governo sull'onda di Trump

L'ex premier scommette sul tycoon. I dem: "Ha la fissa di Palazzo Chigi"

Il piano di "Giuseppi" per tornare al governo sull'onda di Trump
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Scrutare nella mente di Giuseppe Conte è complicato. Il personaggio è uomo di sagrestia, si schermisce e svicola. Però tra una domanda e l'altra al ristorante della Camera ci vuole poco a scoprire l'obiettivo che lo anima. Allora presidente se vincesse Trump il 5 novembre lei diventerebbe il garante del «campo largo»? «Sono vostre riflessioni», è la risposta compiaciuta. Ed ancora: con Trump presidente Usa, però, per lei si aprirebbe un'autostrada? «Scrivetelo», dice con un sorriso che tradisce quanto sia allettato da una simile prospettiva. E in fondo il rapporto con Donald il rosso non sarebbe neppure una contraddizione per la nuova alleanza tra Conte e la sinistra di Fratoianni che sta facendo impazzire il Pd sulla Rai. Chi guarda a lui può trovare un punto d'incontro con i seguaci di Melenchon, in Francia come in Italia, sull'idea di una pace in Ucraina di qualsiasi stampo anche russo, dietro la quale si staglia l'ombra di Putin. «Ma secondo voi - si interroga il leader dei 5stelle interpretando lo spirito che unisce trumpisti e melenchoniani - qualcuno può vincere questa guerra? Io dico di no. Per cui o si imbocca la strada del negoziato a tutti i costi o l'alternativa è il conflitto nucleare». Se si guardano le vicende a sinistra di questi giorni da questa angolatura i conti tornano. Prima i 5stelle si sono differenziati dal Pd nel dibattito alla Camera sullo ius scholae. Poi, Conte non ha firmato il referendum che dimezza i tempi per ottenere la cittadinanza. Ed infine non ha seguito il Pd che è salito sull'Aventino sulla Rai e si è assicurato un posto nel cda dell'azienda. Per non parlare del «veto» che ha posto nel campo largo su Matteo Renzi che sta alla Harris - come pure a Biden o ad Obama - come lui è a Trump. Anche nelle presidenziali del 2020 ci fu uno scontro sul Russiagate, fatto di polemiche suggestive e fantasiose che coinvolsero pure i nostri «servizi», che vide da una parte alleati Donald e Giuseppi e dall'altra Renzi accusato di agire in combutta con Obama. Fatti che quattro anni dopo, nelle stesse circostanze, non si dimenticano.

Ecco perché il campo largo è andato gambe all'aria almeno per il momento. E si può star sicuri che (come avevamo anticipato) fino al 5 novembre il leader grillino continuerà a differenziarsi, ad assumere posizioni autonome e magari di aperta polemica con il Pd. Poi se vinceranno i democratici con la Harris si prenderà un sonnifero. Se, invece, la spunterà Trump si prenderà un eccitante e si proporrà, appunto, come garante del «campo largo»: in fondo Giuseppi è l'unico da quelle parti che può vantare legami con Donald il rosso. Se sarà assecondato resterà sul versante di sinistra ma in un ruolo preminente, altrimenti potrebbe essere tentato dalla suggestione di imboccare altre strade ed arrivare ad interloquire pure con la Meloni. La faccia non gli manca: il personaggio è passato senza scomporsi dal governo giallo-verde con Salvini a quello giallo-rosso con Letta. Per un progetto così ambizioso ha bisogno di ruoli chiave in Rai, dalla direzione della TgR o magari addirittura del Tg3.

Naturalmente nel Pd hanno mangiato la foglia. «Fino all'elezioni del 5 novembre - scommette Gianni Cuperlo - Conte non si calmerà. È assolutamente così, ha la fissa di Palazzo Chigi». Della stessa opinione è anche Stefano Graziano che ha osservato con attenzione le manovre grilline dentro la Commissione di vigilanza Rai. «Conte - confida - ha ancora ambizioni. E aspetta di vedere se Trump entrerà alla Casa Bianca o meno». «È una malattia che contagia - gli fa eco Nico Stumpo - tutti quelli che entrano nella stanza dei bottoni. E Conte non ne é immune, lo testimoniano i suoi comportamenti. Lui conosce a memoria il proverbio comandare è meglio di fottere». Inutile aggiungere che anche Elly Schlein lo sospetta. Ma è come un'influenza virale, ci fai poco con gli antibiotici.

Devi attendere che passi, massimo puoi prendere dei palliativi, non devi puntare troppo sulla vittoria in Liguria che è tutta da vedere e, soprattutto, non devi esporti fino al 5 novembre. A quel punto Conte o sarà nudo, o sarà armato. E tesserà la sua tela senza inibizioni. «E - dice con un sussurro la piddina Paola De Micheli - potrebbe diventare ancor più di oggi il grande alleato della Meloni».

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